Grazie al PNRR i Comuni italiani potranno migrare i propri servizi in cloud, rendendoli digitali, affidabili e sicuri. A tale scopo, infatti, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza stanzia 500 milioni. L’iniziativa rientra in un pacchetto di interventi per la trasformazione digitale della PA italiana.
Nelle scorse settimane, infatti, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale ha pubblicato sulla piattaforma PA digitale 2026 cinque avvisi relativi a interventi che i Comuni possono realizzare per migliorare la loro digitalizzazione.
Gli interventi fanno parte della Missione 1 Componente 1 del PNRR Italia, M1C1 – Digitalizzazione, Innovazione e Sicurezza nella PA e sono finanziati dal programma europeo Next Generation EU, che mette a disposizione dei Comuni oltre 1,25 miliardi. Di questa enorme torta, la fetta più grande andrà proprio alla migrazione verso soluzioni cloud dei servizi comunali.
La ripartizione dei fondi tra i cinque bandi è questa:
- Investimento 1.2 – Abilitazione al cloud per le PA locali: 500 milioni
- Misura 1.4.3 – Adozione App IO: 83,8 milioni
- Misura 1.4.3 – Adozione piattaforma PagoPA: 182,4 milioni
- Misura 1.4.4 – Estensione dell’utilizzo delle piattaforme nazionali di identità digitale SPID/CIE: 88,7 milioni
- Misura 1.4.1 – Esperienza del cittadino nei servizi pubblici: 400 milioni
Cos’è il cloud computing
Prima di entrare nel dettaglio dell’Investimento 1.2 è utile ricordare cos’è il cloud, espressione che si traduce letteralmente con “nuvola informatica”. Questa espressione indica un modo particolare in cui, usando internet, le aziende possono disporre di risorse ICT (server, spazio di archiviazione, database, rete, software). Invece di acquistare hardware e software, l’azienda ricorre alle risorse di un provider esterno, cui si accede on-demand e in modalità self-served e pagando per il servizio un canone basato sull’uso effettivo.
I vantaggi del cloud sono diversi:
- meno costi: non si hanno né costi iniziali per acquistare hardware e software né costi periodici di manutenzione e funzionamento. Inoltre, le risorse del provider sono condivise tra più utilizzatori e ciò crea un’economia di scala che ottimizza il canone periodico pagato dall’azienda;
- scalabilità: l’utilizzatore del servizio cloud, in qualsiasi momento e in maniera autonoma, può decidere di aumentare o ridurre le risorse impiegate, in maniera elastica in base alle esigenze;
- migliori prestazioni: i principali servizi cloud sono erogati attraverso data center con hardware e software aggiornati alle ultime versioni. Per questa ragione il cloud garantisce maggiore velocità ed efficacia delle prestazioni;
- sicurezza: l’azienda non deve più preoccuparsi di proteggere i propri dati, perché questi sono conservati e protetti dal provider.
In base al tipo di risorse messe a disposizione dal provider e, in particolare, al modo in cui le stesse vengono distribuite, si distinguono diversi modelli di cloud, così come abbiamo spiegato in precedenza con un articolo sulla Strategia Cloud Italia, cui è collegato anche l’investimento del PNRR per il passaggio al cloud dei Comuni italiani.
Presentazione della domanda: chi, come, quando
L’investimento 1.2 – Abilitazione al cloud per le PA locali è rivolto esclusivamente ai Comuni, che quindi possono chiedere il finanziamento PNRR per la migrazione al cloud dei loro servizi digitali esclusivamente tramite la piattaforma PA digitale 2026.
Alla piattaforma si accede con un’identità digitale (SPID o CIE). Una volta fatto l’accesso, il legale rappresentante del Comune (ossia il sindaco) o un suo delegato (che può essere anche una società privata esperta di informatica) deve registrare l’Amministrazione, utilizzando il codice IPA dell’ente. Fatto questo, il sistema invierà all’indirizzo Pec registrato in IPA un link tramite cui completare la registrazione.
A proposito di registrazione, questa va fatta una sola volta e consente ai Comuni di partecipare a tutti gli avvisi che li riguardano. Terminata la registrazione, sempre tramite la piattaforma si compila la domanda di partecipazione all’avviso, che poi dovrà essere scaricata in formato PDF, firmata digitalmente e ricaricata sul sistema.
Per candidarsi a ricevere i fondi PNRR per la migrazione al cloud dei servizi i Comuni hanno tempo fino al 22 luglio 2022. Ogni 30 giorni, a partire dalla pubblicazione dell’avviso, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale valuta le domande presentate in questo lasso di tempo e conseguentemente stabilisce quali sono finanziabili e comunica l’esito con un avviso pubblicato sulla piattaforma e una Pec inviata ai Comuni vincitori.
Successivamente alla notifica del decreto di assegnazione, i Comuni hanno 6 mesi di tempo per stipulare il contratto con il fornitore incaricato di gestire la migrazione. La migrazione dei servizi andrà, infine, conclusa entro 15 mesi dalla stipula del contratto. Le domande per l’erogazione vera e propria del finanziamento andranno presentate dal 15 ottobre 2022.
Quali sono i servizi che i Comuni possono trasferire in cloud per ottenere il finanziamento del PNRR
Con la domanda di ammissione, il Comune deve presentare tramite PA digitale 2026 anche un Piano di migrazione, composto scegliendo i servizi da migrare da un elenco di 95 servizi contenuto nell’Allegato 2 del bando. Per quanto riguarda il numero di servizi che si possono migrare e il finanziamento ottenibile per ciascun servizio migrato variano in base ai residenti nel Comune.
Per ogni servizio il Comune deve anche indicare la migrazione che vuole attuare, che può essere di due tipi:
- trasferimento in sicurezza dell’infrastruttura IT: anche detto Lift&Shift (o Rehost), consiste nel migrare su un hosting cloud l’intero servizio, comprensivo di applicazioni e dati, senza dover reingegnerizzare nulla, ma replicando su cloud la struttura che già c’è;
- aggiornamento in sicurezza di applicazioni in cloud: si migrano le applicazioni usando due strategie diverse:
1 – strategia repurchase/replace: si acquista una soluzione nativa cloud, in genere erogata in modalità SaaS;
2 – strategia replatform: si riorganizza l’architettura applicativa, sostituendo intere componenti del servizio in favore di soluzioni cloud native.
Oltre a migrare un servizio, il Comune deve migrare anche tutti gli applicativi, i database e i sistemi utilizzati per erogarlo. Nella scelta dei servizi da migrare, quelli già digitalizzati devono avere la precedenza rispetto a quelli non ancora informatizzati. Per ogni servizio da migrare, inoltre, a inizio migrazione il Comune, insieme al fornitore scelto, deve compilare un questionario di assessment. Tale questionario raccoglie in particolare le informazioni sullo stato di avanzamento della migrazione, con dati che variano in base al tipo di migrazione scelto.
Il finanziamento può essere ottenuto anche per migrazioni già realizzate, a partire dal 1° febbraio 2020, purché siano state pagate con risorse del Comune e non abbiano già ottenuto altri finanziamenti pubblici.
Per ciascun servizio, la migrazione si considera conclusa quando l’ente comunica tramite la piattaforma il rilascio nell’ambiente di destinazione, inviando il questionario di assessment con lo stato “completato”, e la verifica dei sistemi ha esito positivo.
La classificazione dei servizi
I Comuni possono migrare al cloud i loro servizi soltanto dopo aver eseguito la cosiddetta classificazione dei dati e dei servizi digitali, prevista dall’articolo 3 del Regolamento adottato dall’AGID con Determinazione 628/2021 e che disciplina proprio i servizi cloud della PA. In base al Regolamento i Comuni devono avere un elenco costantemente aggiornato dei loro dati e dei loro servizi digitali.
In base alle loro caratteristiche, i dati e i servizi digitali di un Comune possono essere classificati come:
- strategici: dati la cui compromissione può mettere a rischio la sicurezza nazionale;
- critici: dati la cui compromissione può mettere a rischio il mantenimento di funzioni rilevanti per la società, la salute, la sicurezza pubblica e il benessere economico e sociale del Paese;
- ordinari: dati la cui compromissione non crea i rischi visti negli altri casi.
Per classificare i propri dati e servizi digitali, i Comuni devono utilizzare un modello predisposto dall’Autorità Nazionale per la Cybersicurezza, d’intesa con il Dipartimento per la Trasformazione Digitale e consultabile sul sito PA digitale 2026. Questo modello contiene, per ogni PA, un elenco di servizi e la loro classificazione. Accedendo alla propria area personale, ogni amministrazione può quindi confermare l’elenco e la classificazione o, in alternativa, può apportare delle modifiche. Il modello deve essere poi inviato all’ANC, che entro 90 giorni verifica se i servizi indicati nell’elenco possono essere effettivamente migrati al cloud.
Ottenimento dei fondi: come e quanto
Verificata la corretta migrazione dei servizi e, conseguentemente, il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Comune, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale accredita il finanziamento sul conto di tesoreria o sul conto corrente bancario dell’ente.
Come detto, il numero di servizi che si possono migrare e il finanziamento ottenibile variano in base alla grandezza del Comune e al tipo di migrazione scelto. Oltre a un importo forfettario per singolo servizio migrato, il Comune riceverà anche un importo forfettario per il primo anno di canone da versare al provider dei servizi cloud. Tutti i numeri sono riportati nella tabella che segue:
Abitanti del Comune |
N° servizi da migrare (Min – Max) |
Finanziamento per singolo servizio Trasferimento infrastruttura IT |
Finanziamento per singolo servizio Aggiornamento applicazioni in cloud |
Finanziamento per canone 1° anno |
Fino a 2.500 | da 7 a 9 | 1.528 euro | 4.603 euro | 6.000 euro |
2.501/5.000 | da 10 a 13 | 2.352 euro | 5.069 euro | 12.000 euro |
5.001/20.000 | da 11 a 14 | 4.146 euro | 6.928 euro | 25.000 euro |
20.001/50.000 | da 11 a 14 | 9.143 euro | 14.437 euro | 50.000 euro |
50.001/100.000 | da 14 a 18 | 14.254 euro | 16.618 euro | 120.000 euro |
100.001/250.000 | da 17 a 21 | 15.394 euro | 27.694 euro | 450.000 euro |
> 250.000 | da 17 a 21 | 46.634 euro | 75.816 euro | 3.500.000 euro |