La carta d’identità elettronica è un progetto la cui storia parte ben diciotto anni fa. In questo articolo ripercorriamo brevemente e per grandi linee quelle che sono state le tappe principali di un percorso non sempre lineare.
La Riforma Bassanini e la prima carta d’identità elettronica emessa in Italia
È il 15 maggio 1997 quando l’allora ministro per la Funzione Pubblica Franco Bassanini firma la Legge n. 59 che si pone l’obiettivo di semplificare la Pubblica Amministrazione italiana. Nota anche come Legge Bassanini, la norma rientra in un pacchetto di riforme (cosiddetta Riforma Bassanini) di cui fanno parte anche la Bassanini bis (Legge 15 maggio 1997, n.127), Bassanini ter (Legge 16 giugno 1998, n.191) e Bassanini quater (Legge 8 marzo 1999, n.50).
Tra le novità previste dalla Riforma Bassanini vi è la Carta d’Identità Elettronica (CIE). Insieme alla Carta Nazionale dei Servizi (CNS), la CIE è uno strumento di autenticazione previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) per l’accesso ai servizi web erogati dalla Pubblica Amministrazione italiana. Oltre all’autenticazione online, ovviamente la CIE permette anche l’identificazione in presenza del suo titolare – senza dover introdurre la carta in un lettore di smart card – poiché su di essa sono stampate la foto e le generalità dell’intestatario, proprio come avviene con la tradizionale carta d’identità cartacea.
La prima Carta d’Identità Elettronica viene rilasciata a Napoli nel 2001. L’emissione fa parte di una prima fase di sperimentazione della CIE che coinvolge in totale 83 Comuni italiani e serve a individuare eventuali problemi tecnici. Tuttavia, anche a causa delle elezioni politiche e del cambio di Governo avutosi in quell’anno, il progetto non riesce a decollare.
I tentativi di rilancio della CIE e il DDU
Nel 2005 il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca stabilisce che dal 2006 tutti i Comuni italiani dovranno abbandonare la carta d’identità cartacea e distribuire la sola CIE. La realizzazione delle tessere elettroniche viene affidata a “Innovazione e progetti”, società controllata da Finmeccanica e IPZS – Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Viene fissato il costo di ogni tessera a 30 euro.
Successivamente il Ministro per le riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione Luigi Nicolais riduce il costo della CIE a 20 euro (più circa 5 euro di diritti fissi e spese di segreteria). In seguito a tale riduzione di costo si rende necessario rivedere il business plan iniziale. La società Innovazione e progetti viene messa in liquidazione e il progetto passa all’IPZS. Finmeccanica, però, non la prende bene e con un ricorso blocca i bandi per la fornitura di apparecchiature.
Nel 2011 il Governo Berlusconi prova a rilanciare la carta d’identità elettronica, con il Decreto Sviluppo che impone l’uso della CIE per tutti gli italiani. Tuttavia, l’attuazione della CIE è legata all’emanazione di decreti attuativi che non saranno mai approvati.
Nel 2012 è la volta del Governo Monti che con il Decreto Crescita 2.0 introduce provvedimenti relativi all’Agenda Digitale, tra cui figura il Documento Digitale Unificato (DDU). L’idea è di riunire in un solo supporto la tessera sanitaria (che contiene anche il codice fiscale) e la carta di identità. L’emissione del DDU viene prevista a partire dal 2013, ma anche in questo caso la mancanza di decreti attuativi ferma il progetto.
Decreto Enti Locali e il ritorno alla CIE
Ci ritroviamo quindi ai giorni nostri con il Decreto Enti Locali, approvato a inizio giugno dal Governo. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19/06/2015, prevede l’abbandono del Ddu e il ritorno alla carta di identità elettronica a se stante.
Anche tale decreto, però, rimanda a un ulteriore decreto in sui saranno elencate le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta d’identità elettronica, nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato.
Il progetto della carta d’identità elettronica ha uno stretto legame con l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente. L’ANPR dovrebbe essere operativa entro il 2016 con l’obiettivo di aggregare le numerose banche dati gestite dalla PA.
L’articolo 10 del decreto estende le competenze dell’ANPR anche allo stato civile e alla tenuta delle liste di leva. Prevede l’istituzione presso ANPR dell’archivio informatizzato dei registri di stato civile dei Comuni, stabilendo che fornisca i dati per la tenuta delle liste di leva. I Comuni possono usare i dati anagrafici locali solo per il periodo transitorio necessario al completamento della banca dati nazionale (comma 1). La realizzazione dei nuovi compiti è affidata a SOGEI, già soggetto tecnico attuatore dell’anagrafe nazionale (comma 2).
I commi 3, 4 e 5 intervengono sulla disciplina della carta di identità elettronica, che non è più definito quale documento obbligatorio di identificazione. Inoltre, viene definitivamente superato il progetto di unificazione della CIE e della tessera sanitaria nel Documento digitale unificato (DDU) le cui norme regolatrici sono abrogate.