Presto anche l’Italia avrà il suo cyberparco, così da essere all’avanguardia in tema di sicurezza informatica. Della struttura si discute da un po’ di anni, perché la cybersicurezza è diventata centrale in un mondo sempre più tecnologico e digitalizzato, ma per questo più esposto agli attacchi informatici.
La realizzazione di un “parco nazionale della cybersicurezza” è uno degli 82 punti della Strategia Nazionale di Cybersicurezza 2022-2026. La cittadella cyber potrebbe sorgere in Sicilia e consentirebbe all’Italia di seguire l’esempio virtuoso di Beer Sheva in Israele.
Ma andiamo con ordine e vediamo innanzitutto di cosa parliamo in questo articolo:
Cos’è un cyberparco
Un cyberparco è una struttura che, in un solo posto, riunisce istituzioni pubbliche, università e imprese private, che condividono le rispettive competenze in sicurezza cibernetica. Questa condivisione è finalizzata a creare un ecosistema che favorisca sinergie tra i soggetti coinvolti. La creazione di un ambiente dedicato alla cybersecurity favorisce la formazione avanzata e attira personale specializzato proveniente da altre strutture. Questo produce risultati positivi in termini di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie.
Perché è utile avere un cyberparco nazionale
Potremmo chiederci perché realizzare un parco nazionale della cybersicurezza, quando l’Italia potrebbe comprare competenze e infrastrutture informatiche sui mercati internazionali. La risposta sta tutta nel livello di importanza che la sicurezza informatica ha raggiunto nelle società ed economie attuali. Un’importanza che è di tipo strategico, perché dalla sicurezza informatica dipende ormai il corretto funzionamento dell’intera nazione.
Per cogliere la centralità della cybersecurity nella nostra vita, pensiamo ai disagi che abbiamo quando un sito web che eroga un servizio subisce un attacco hacker. Il blocco temporaneo delle attività online ci colpisce direttamente perché ci impedisce di usufruire del servizio da remoto. Inoltre, dobbiamo considerare anche il furto di dati da parte dei cybercriminali, cui si accompagna inevitabilmente una richiesta di riscatto.
Ma anche senza ipotizzare la presenza di un cybercrime, oggi la cybersecurity è centrale perché attraverso la tecnologia informatica transitano praticamente tutti i nostri dati. Si pensi alle infrastrutture cloud o alle piattaforme di social network o e-commerce che raccolgono i nostri dati, le nostre informazioni e i nostri documenti.
In tutti questi casi, disporre di tecnologie e competenze informatiche proprie diventa un elemento di sicurezza e competitività nazionale. Non solo perché in caso di attacchi ci consente di intervenire direttamente su infrastrutture nazionali di cui abbiamo il pieno controllo, ma anche perché ci evita di dover trasferire all’estero dati, informazioni e documenti nazionali.
Quindi, avere una tecnologia informatica nazionale riduce la necessità di approvvigionarsi di tecnologie informatiche da altri Paesi. Questo porrà l’Italia in una condizione di indipendenza e sovranità digitale. Un concetto, quest’ultimo, che viene portato avanti anche a livello europeo con la Strategia Digitale dell’UE e il Decennio Digitale Europeo.
Cyberparco e sicurezza informatica nella strategia nazionale della cybersicurezza
Come abbiamo riportato in questo articolo che spiega la Strategia Nazionale di Cybersicurezza, l’Italia persegue 3 obiettivi fondamentali in termini di cybersecurity, da raggiungere attraverso 82 interventi. I tre obiettivi sono: protezione degli asset strategici nazionali; risposta alle minacce, agli incidenti e alle crisi cyber; sviluppo sicuro delle tecnologie digitali.
Tra le iniziative pensate per raggiungere l’obiettivo sviluppo ci sono anche quelle finalizzate a supportare i centri di eccellenza, la ricerca e le imprese. La creazione di un parco nazionale della cybersicurezza rientra tra queste iniziative ed è una delle 82 azioni previste dal piano di implementazione della strategia.
Come indicato nel piano di implementazione, il cyberparco dovrà ospitare “le infrastrutture necessarie allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo nell’ambito della cybersecurity e delle tecnologie digitali”. Il cyberparco dovrà avere una struttura “diffusa”: oltre alla struttura centrale, dovranno esserci anche delle ramificazioni distribuite sull’intero territorio nazionale.
Dove potrebbe essere realizzato il cyberparco nazionale italiano
Il parco nazionale della cybersicurezza italiano potrebbe essere realizzato in Sicilia, nell’ex Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Mineo.
Nel 2019, infatti, il Parlamento ha approvato un emendamento che impegna il Governo a considerare prioritariamente il sito per la costituzione di un’area dedicata allo sviluppo dell’innovazione.
Pertanto, quando nel 2022 c’è stata l’approvazione della strategia nazionale di cybersicurezza e la previsione di un parco nazionale della cybersicurezza, l’ex Cara di Mineo è tornato in pole position come struttura in cui realizzare il cyberparco.
L’ex Cara di Mineo è stato in funzione tra il 2011 e il 2019, quando fu chiuso. La struttura è composta da un enorme complesso di edifici, che in precedenza erano stati usati come alloggi per le famiglie dei militari americani di stanza nella base NATO di Sigonella.
Con oltre 6mila metri quadrati di edifici, 404 unità residenziali e 85mila metri quadrati di verde pubblico attrezzato, la struttura è considerata ideale per un parco cibernetico. L’ex Cara di Mineo, infatti, è vicino ai poli universitari di Sicilia e Calabria, alle infrastrutture militari di Sigonella e Augusta e all’area industriale di Catania. Catania, tra l’altro, cospita anche uno dei nodi della rete nazionale a banda ultra-larga.
L’ex Cara di Mineo, che potrebbe ospitare il cyberparco italiano (foto dal web)
L’esempio del cyberparco di Beer Sheva in Israele
Tra gli esempi più importanti e più citati di cittadella cibernetica c’è il CyberSpark di Beer Sheva, in Israele (nella foto di copertina). Si tratta di un cyberparco creato praticamente nel deserto e che vede insieme Governo, esercito, università e grandi multinazionali informatiche.
CyberSpark nasce per tenere in un solo posto una massa critica di aziende che si occupano di cybersicurezza, in modo che queste entrino in coopetizione tra loro. La coopetizione è un concetto che sintetizza cooperazione e competizione e prevede che le aziende, restando concorrenti tra loro, mettano in comune una parte delle loro competenze e conoscenze per lavorare in maniera sinergica su determinati aspetti.
Nel CyberSpark il governo israeliano ha collocato l’Autorità Nazionale di Cybersecurity, un centro di ricerca sulla cybersecurity e il proprio CERT, Cyber Emergency Response Team. Al CyberSpark partecipa anche l’Università Ben Gurion del Neghev, che attraverso delle joint-venture con multinazionali del settore informatico svolge ricerca applicata sulla cybersecurity. E poi ci sono gli esperti IT dell’esercito israeliano, che in CyberSpark hanno il loro campus C4i (dove la sigla C4i sta per: comando, controllo, comunicazione, computer e intelligence).
Grazie a CyberSpark, quindi, in Israele si è venuto a creare un ecosistema attivo nella cybersecurity, che è sia centro di ricerca che incubatore di imprese.
Cyberparco: non solo sicurezza informatica, ma un’opportunità di sviluppo economico
In pochissimi anni la presenza del CyberSpark di Beer Sheva ha prodotto risultati incredibili. Basti pensare che nel 2019 Israele è stato il Paese col maggior numero pro-capite di startup (una ogni 1.800 abitanti) di cui 350 nella cybertechnology.
Sempre nel 2019, Israele ha attirato ben il 20% degli investimenti privati mondiali in cybersicurezza. Ciò significa che 1 dollaro su 5 è finito in Israele, uno Stato grande come la Puglia e con una popolazione inferiore alla Lombardia.
L’esempio di Israele, quindi, ci dice che la cybersecurity non deve essere vista soltanto come uno strumento per difenderci dai rischi informatici. La cybersecurity è, invece, anche una grande opportunità di sviluppo tecnologico ed economico per il nostro Paese.