Diritto all’oblio e libertà di informazione
Il diritto all’oblio è uno strumento fondamentale per la tutela della privacy, in un’epoca in cui basta fare una ricerca su Google o sui social network per raccogliere in poco tempo e facilmente informazioni relative a una persona.
Tuttavia, se è giusto riconoscere il diritto alla rimozione dei propri dati personali dai motori di ricerca e dai siti web, in certi casi questo diritto può contrastare con il diritto all’informazione e con quello di ricostruzione storica degli eventi.
Vediamo pertanto quali sono le indicazioni fornite in merito dal Garante della Privacy attraverso la nota del 6 febbraio 2024.
La vicenda esaminata dal Garante
La vicenda esaminata dal Garante riguarda una donna i cui dati personali erano stati riportati in un articolo, ora conservato nell’archivio online dell’editore di un quotidiano nazionale. Il pezzo in questione riportava una vicenda giudiziaria accaduta anni prima, per la quale la donna era stata condannata. La notizia, inoltre, non conteneva i successivi sviluppi del fatto.
L’interessata, che nel frattempo aveva scontato la pena detentiva di quatto anni, si era rivolta all’autorità per chiedere la cancellazione dei propri dati dall’articolo, in quanto le informazioni contenute, non essendo più attuali, le arrecavano pregiudizio.
Diritto all’oblio: cos’è e quali sono le eccezioni
Il diritto all’oblio è espressamente riconosciuto dal Regolamento UE 2016/679, che all’art.17 prevede il diritto di un individuo di chiedere la cancellazione dei propri dati personali.
Tuttavia, questo diritto non è assoluto e non può essere fatto valere sempre, ma solamente al ricorrere di determinate condizioni, ovvero:
- quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati;
- qualora l’interessato revochi il consenso al trattamento dei propri dati personali;
- nel caso in cui l’interessato si opponga al trattamento e non esiste un motivo legittimo per protrarlo ulteriormente;
- se i dati personali sono stati trattati illecitamente;
- nell’ipotesi in cui i dati personali debbano essere cancellati per adempiere a un obbligo legale;
- quando i dati personali sono trattati per finalità di marketing diretto o di profilazione.
A conferma che il diritto all’oblio non è un diritto assoluto, l’art. 17 prevede una serie di eccezioni in cui tale diritto non può essere esercitato. Tra esse vi è il caso in cui il trattamento sia necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione o ancora quello in cui il trattamento sia necessario a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici.
Diritto all’oblio GDPR e diritto di cronaca
Nella vicenda esaminata dal garante Privacy ci si deve chiedere se il diritto alla privacy della reclamante possa prevalere sul diritto di cronaca in virtù del venir meno della necessità della notizia rispetto alle finalità.
Un importante precedente sul tema del diritto all’oblio, oggi espressamente riconosciuto dall’art. 17 del GDPR, è la sentenza del 2014 “Google Spain SL e Google Inc. contro Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Mario Costeja González” (Causa C131/12).
Il cittadino spagnolo aveva chiesto all’AEPD la rimozione di alcune pagine presenti nel quotidiano “La Vanguardia” e a Google Spain la rimozione dei link a quelle pagine. L’autorità giudiziaria aveva respinto il reclamo nei confronti del quotidiano, mentre aveva accolto quello nei confronti di Google, a cui veniva ordinato di rimuovere i link in questione. Google, ritenendo che la richiesta dell’AEPD andasse a ledere la libertà di espressione dei gestori di siti internet, aveva presentato ricorso davanti all’autorità giudiziaria. Quest’ultima sollevava la questione innanzi alla Corte Europea.
Secondo i giudici, le attività di indicizzazione e ricerca effettuate su dati personali devono essere considerate come trattamento di dati personali: il gestore di un motore di ricerca su internet estrae, registra e organizza i dati nei propri programmi di indicizzazione, prima di metterli a disposizione dei propri utenti sotto forma di elenchi di risultati, pertanto può essere considerato responsabile del trattamento e, di conseguenza, può essere destinatario delle richieste di deindicizzazione di determinati risultati, da parte del titolare dei dati, a tutela del suo diritto all’oblio.
La decisione del Garante
Tornando al caso in esame, il Garante ha ritenuto infondato il reclamo della donna, ma in questo caso non in funzione del diritto di cronaca, bensì in quanto la “conservazione dell’articolo all’interno dell’archivio online dell’editore risponde ad una legittima finalità di archiviazione di interesse storico-documentaristico che, pur differente da quella originaria di cronaca giornalistica, è anch’essa prevista dal Regolamento europeo che stabilisce specifici limiti al potere di esercitare il diritto di cancellazione”.
Tuttavia l’Autorità ha ingiunto all’editore di adottare misure tecniche idonee a inibire l’indicizzazione dell’articolo da parte di motori di ricerca esterni al sito del quotidiano, poiché non vi sono ragioni di interesse pubblico che giustifichino una perdurante reperibilità dell’articolo.
Deindicizzazione significato
In pratica il Garante non ha disposto la cancellazione degli articoli dal sito dell’editore, e questo perché essi costituiscono documenti storici utili per finalità di ricerca e, come abbiamo detto in precedenza, questa costituisce una delle eccezioni all’esercizio del diritto all’oblio.
D’altra parte, però, ha disposto, come forma di tutela della privacy della donna, la deindicizzazione dai motori di ricerca.
Quest’ultima consiste nella rimozione di un determinato contenuto dai risultati dei motori di ricerca nonostante il contenuto stesso continui a essere presente online: in questo modo, esso non viene più visualizzato tra i risultati di ricerca, rendendolo di fatto meno accessibile al pubblico. Come precisa il Garante, la deindicizzazione disposta solo da un motore di ricerca ha il solo effetto di dissociare il nome dell’interessata dall’URL collegato all’articolo, il quale resta comunque reperibile usando chiavi di ricerca diverse.
Diritto alla riservatezza: la posizione del Garante
Il diritto a che, con il decorso del tempo, i fatti relativi a un soggetto cessino di essere pubblici, rientra tra i diritti alla riservatezza, volti a proteggere l’individuo affinché alcune notizie, non più di interesse pubblico o non più aggiornate, cessino di essere divulgate. Si tratta di un diritto che trova un riconoscimento legislativo sempre crescente. La recente L. 193/2023, ad esempio, riconosce il diritto all’oblio oncologico. Tuttavia, tale diritto va opportunamente bilanciato con altri diritti, altrettanto rilevanti e tutelati dalle norme giuridiche, come il diritto di cronaca, riconosciuto nell’ordinamento italiano tra le libertà di manifestazione del pensiero, e il diritto di ricostruzione storica degli eventi che si sono verificati nel tempo. Proprio quest’ultimo diritto è stato tutelato dal Garante nel rigettare la richiesta della reclamante.