Close
Cerca

Diritto all’oblio e deindicizzazione: le indicazioni del Garante Privacy

Il Garante della privacy afferma che gli articoli web non devono essere cancellati dall'archivio online dell'editore in quanto costituiscono dei documenti storici utili per finalità di ricerca. Essi devono, però, essere indicizzati dai motori di ricerca. Queste sono le indicazioni fornite con la nota del 6 febbraio 2024.
Diritto all'oblio e deindicizzazione: le indicazioni del Garante Privacy
Tempo di lettura: 4 minuti

Indice dei contenuti

Diritto all’oblio e libertà di informazione

Il diritto all’oblio costituisce uno strumento fondamentale per la tutela della privacy in un mondo nel quale basta effettuare una ricerca su Google o esplorare alcuni social per avere informazioni relative ad una certa persona.

Se da una parte, dunque, è giusto riconoscere il diritto alla rimozione dei propri dati personali dai motori di ricerca e dai siti web, dall’altra questo diritto può, in alcuni casi, contrastare con quello di informazione e con quello di ricostruzione storica degli eventi.

Vediamo quali sono le indicazioni fornite, in merito, dal Garante della Privacy con la nota del 6 febbraio 2024.

La vicenda esaminata dal Garante

La vicenda esaminata dal Garante riguarda una donna i cui dati personali erano stati riportati in un articolo, ora conservato nell’archivio online dell’editore di un quotidiano nazionale. Il pezzo in questione riportava una vicenda giudiziaria accaduta anni prima, per la quale la donna era stata condannata. La notizia, inoltre, non conteneva i successivi sviluppi del fatto. 

L’interessata, che nel frattempo aveva scontato la pena detentiva di quatto anni, si era rivolta all’Autorità per chiedere la cancellazione dei propri dati dall’articolo, in quanto le informazioni in esso contenute, non essendo più attuali, le arrecavano pregiudizio.

Diritto all’oblio: cos’è e quali sono le eccezioni

Il diritto all’oblio è espressamente riconosciuto dal Regolamento UE 2016/679, il quale prevede all’art.17, il diritto di un individuo di richiedere la cancellazione dei propri dati personali.

Tuttavia questo diritto non è assoluto, in altre parole non può essere fatto valere sempre, ma solamente al ricorrere di determinate condizioni, ovvero:

  • quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati;
  • qualora l’interessato revoca il consenso al trattamento dei propri dati personali;
  • nel caso in cui l’interessato si è opposto al trattamento e non esiste un motivo legittimo per protrarlo ulteriormente;
  • se i dati personali sono stati trattati illecitamente;
  • nell’ipotesi in cui i dati personali devono essere cancellati per adempiere a un obbligo legale;
  • quando i dati personali sono trattati per finalità di marketing diretto o di profilazione.

A confermare il fatto che il diritto all’oblio non è un diritto assoluto, sempre l’art.17, prevede una serie di eccezioni, cioè una serie di ipotesi nelle quali tale diritto non può essere esercitato. Tra esse vi è il caso in cui il trattamento è necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione o ancora quello in cui il trattamento è necessario a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici.

Diritto all’oblio GDPR e diritto di cronaca

Nella vicenda in esame ci si deve chiedere se il diritto alla privacy della reclamante, possa prevalere sul diritto di cronaca in virtù del venir meno della necessità della notizia rispetto alle finalità.

Un importante precedente sul tema del diritto all’oblio, oggi espressamente riconosciuto dall’art. 17 del GDPR , è dato dalla sentenza Google Spain del 2014 (Causa C131/12): un cittadino spagnolo chiedeva all’Agencia Espano͂la de Proteccion de Datos (AEPD) la rimozione di alcune pagine presenti nel quotidiano La’Vanguardia e, a Google Spain, la rimozione dei link a quelle pagine. L’Autorità respingeva il reclamo nei confronti del quotidiano La’Vanguardia, mentre accoglieva quello nei confronti di Google a cui veniva ordinato di rimuovere i link in questione. Google, ritenendo che la richiesta dell’AEPD andasse a ledere la libertà di espressione dei gestori di siti internet, presentava ricorso davanti all’Autorità giudiziaria. Quest’ultima sollevava la questione innanzi alla Corte europea.

Secondo i giudici, le attività di indicizzazione e ricerca effettuate su dati personali devono essere considerate come trattamento di dati personali: il gestore di un motore di ricerca su internet estrae, registra ed organizza i dati nei propri programmi di indicizzazione, prima di metterli a disposizione dei propri utenti sotto forma di elenchi di risultati, pertanto può essere considerato responsabile del trattamento e, di conseguenza, può essere destinatario delle richieste di deindicizzazione di determinati risultati, da parte del titolare dei dati, a tutela del suo diritto all’oblio.

La decisione del Garante

Tornando al caso in esame, il Garante ha ritenuto infondato il reclamo della donna, ma in questo caso non in funzione del diritto di cronaca, bensì in quanto la “conservazione dell’articolo all’interno dell’archivio online dell’editore risponde ad una legittima finalità di archiviazione di interesse storico-documentaristico che, pur differente da quella originaria di cronaca giornalistica, è anch’essa prevista dal Regolamento europeo che stabilisce specifici limiti al potere di esercitare il diritto di cancellazione”.

Tuttavia l’Autorità ha ingiunto all’editore di adottare misure tecniche idonee ad inibire l’indicizzazione dell’articolo da parte di motori di ricerca esterni al sito del quotidiano poiché non vi sono ragioni di interesse pubblico che giustifichino una perdurante reperibilità dell’articolo.

Deindicizzazione significato

In pratica il Garante non ha disposto la cancellazione degli articoli dal sito dell’editore, e questo perché essi costituiscono documenti storici utili per finalità di ricerca e, come abbiamo detto in precedenza, questa costituisce una delle eccezioni all’esercizio del diritto all’oblio.

D’altra parte, però, ha disposto, come forma di tutela della privacy della donna, la deindicizzazione dai motori di ricerca.

Quest’ultima consiste nella rimozione di un determinato contenuto dai risultati dei motori di ricerca nonostante il contenuto stesso continui ad essere presente online: in questo modo, esso non viene più visualizzato tra i risultati di ricerca, rendendolo di fatto meno accessibile al pubblico. Come precisa il Garante la deindicizzazione disposta solo da un motore di ricerca ha il solo effetto di dissociare il nome dell’interessata dall’URL collegato all’articolo, il quale resta comunque reperibile utilizzando chiavi di ricerca diverse.

Diritto alla riservatezza: la posizione del Garante

Il diritto a che i fatti relativi ad un soggetto, con il decorso del tempo, cessino di essere pubblici rientra tra i diritti alla riservatezza, volti a proteggere l’individuo affinché alcune notizie, non più di interesse pubblico o non più aggiornate, cessino di essere divulgate. Si tratta di un diritto che trova un riconoscimento legislativo sempre crescente, come ad esempio con la recente L.193/2023 che riconosce il diritto all’oblio oncologico. Tuttavia tale diritto va opportunamente bilanciato con altri diritti, altrettanto rilevanti e tutelati dalle norme giuridiche come il diritto di cronaca, riconosciuto nell’ordinamento italiano tra le libertà di manifestazione del pensiero, e il diritto di ricostruzione storica degli eventi che si sono verificati nel tempo. Proprio quest’ultimo diritto è stato tutelato dal Garante nel rigettare la richiesta della reclamante.

TAG

Ascolta l'articolo

Ascolta l'articolo

Articoli più recenti

Condividi articolo