Digitalizzazione Italia: cosa dice l’indice DESI 2022

Digitalizzazione in Italia: ecco cosa ci dice l'indice DESI

Qual è lo stato di digitalizzazione in Italia?

Il percorso di digitalizzazione di dati e processi è ormai un elemento chiave di sviluppo economico e sociale. Il digitale produce molti vantaggi, tra cui una maggiore efficienza operativa e una migliore accessibilità ai servizi, che possono  contribuire ad aumentare la produttività e la competitività.

Per misurare l’avanzamento della digitalizzazione nei vari Paesi, nel 2014 la Commissione Europea ha introdotto l’indice DESI (Digital Economy and Society Index). L’obiettivo principale di questo indice è quello di misurare i progressi compiuti dai Paesi dell’UE al fine di convergere verso un mercato digitale unico.

Ogni anno le relazioni DESI comprendono profili nazionali, che aiutano gli Stati membri a individuare i settori su cui intervenire, e capitoli tematici, che offrono un’analisi a livello europeo delle principali aree digitali, essenziali per sostenere le decisioni politiche.

La Commissione europea ha evidenziato che durante gli anni della pandemia COVID-19, tutti gli Stati membri hanno fatto progressi significativi verso la digitalizzazione. Ciononostante, persistono delle lacune che hanno bisogno di essere colmate nelle competenze digitali, nella trasformazione digitale delle PMI e nell’introduzione di reti 5G avanzate.

Allo scopo di sostenere la trasformazione digitale, l’UE ha deciso di investire significative risorse finanziarie dei PNRR nazionali, dedicate a riforme e investimenti legati al digitale. L’obiettivo è eliminare il divario digitale, sostenere l’innovazione, aumentare la resilienza dell’UE e ridurre le dipendenze tecnologiche esterne.

Che cos’è il DESI e come funziona?

I risultati del DESI sono la sintesi di differenti indicatori che misurano le prestazioni digitali dell’Europa e consentono di avere un quadro completo sui passi in avanti compiuti dai Paesi UE nel percorso di digitalizzazione.

Nel report DESI 2022, che si basa sui dati 2021, sono utilizzati 33 indicatori, raccolti in quattro aree:

  1. Capitale umano: misura le competenze necessarie per sfruttare pienamente i vantaggi della trasformazione digitale. Va ricordato che l’obiettivo della strategia digitale dell’UE è fare in modo che l’80% della popolazione europea abbia competenze digitali di base entro il 2030;
  2. Connettività: misura la disponibilità di connessioni affidabili e veloci e quindi lo stato delle infrastrutture di telecomunicazione e la loro qualità in termini di accesso a Internet, velocità di connessione e copertura geografica;
  3. Integrazione delle tecnologie digitali: misura l’impatto del digitale nel settore privato e quindi nelle imprese, considerando la loro capacità di usare strumenti digitali -social media, e-commerce, Intelligenza Artificiale e cloud- per migliorare le prestazioni e l’efficienza;
  4. Servizi pubblici digitali: misura il livello di e-government dei singoli Paesi e quindi la loro capacità di offrire servizi digitalizzati ai cittadini, come documentazione sanitaria digitale e soluzioni di pagamento elettroniche. Quest’ultimo fattore chiama in causa, di conseguenza, le capacità digitali del cittadino e quindi si collega al primo punto relativo al capitale umano.

Com’è l’indice DESI dell’Italia?

Secondo l’analisi DESI 2022 su 27 Paesi membri UE, l’Italia si piazza al 18esimo posto per livello di digitalizzazione complessiva, guadagnando due posizioni rispetto all’anno precedente.

Il rapporto evidenzia che in termini di capitale umano e connettività, il nostro Paese è ancora sotto la media europea. Emerge, infatti, un ritardo nelle competenze digitali di base, nei laureati ICT e nell’offerta di servizi pubblici digitali rivolti ai cittadini.

Vediamo nel dettaglio qual è lo stato di digitalizzazione in Italia per ogni settore:

1. Capitale umano

L’Italia è 25esima su 27 Stati membri. Solo il 46% delle persone possiede competenze digitali di base, un dato al di sotto della media UE pari al 54%. Il divario si riduce quando si considera il possesso di competenze digitali superiori a quelle base (23% Italia, 26% UE).

Per quanto riguarda il settore ICT (Information and Communication Technologies) solo l’1,4% dei laureati italiani sceglie discipline ICT. È il dato più basso registrato nell’UE.

Nel mercato del lavoro gli specialisti ICT sono il 3,8% degli occupati totali, ancora al di sotto della media UE (4,5%). Inoltre, i dati evidenziano che solo il 15% delle imprese italiane eroga ai propri dipendenti formazione in materia di ICT, contro il 20% della media UE.

Le prestazioni dell’Italia sono più vicine alla media UE per quanto riguarda la presenza delle donne nel settore digitale: le specialiste ICT, infatti, rappresentano il 16% del totale, rispetto a una media UE del 19%.

2. Connettività

In questo caso l’Italia si colloca al settimo posto tra gli Stati UE. I progressi più importanti sono stati registrati sul fronte della copertura 5G, passata dall’8% al 99,7% delle zone abitate. È invece basso l’utilizzo complessivo della banda larga fissa – adottata dal 66% delle famiglie e lontano dal 78% della media europea – e della banda larga mobile – l’Italia è terzultima, con un 80% contrapposto alla media UE dell’87%.

3. Integrazione delle tecnologie digitali

Per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali, l’Italia si colloca all’ottavo posto nell’UE. La maggior parte delle PMI italiane ha perlomeno un livello base di intensità digitale (60%, ben al di sopra della media UE del 55%).

Inoltre, quasi la totalità delle imprese italiane (95%) usa la fatturazione elettronica e più della metà (52%) usa servizi cloud. In più, l’uso delle tecnologie digitali per la sostenibilità ambientale è relativamente diffuso nelle PMI sebbene inferiore alla media UE (60% contro una media del 55%).

L’Italia è invece debole in ambito big data (usati solo dal 9% delle imprese, rispetto a una media UE del 14%) e Intelligenza Artificiale (6% contro 8%). Resta sotto la media UE anche nella diffusione dell’e-commerce (13% delle PMI in Italia contro il 18% in Ue).

4. Servizi pubblici digitali

L’Italia si colloca al 19esimo posto nell’UE per quanto riguarda i servizi pubblici digitali. Malgrado i continui progressi, solo il 40% degli utenti italiani di Internet usa i servizi pubblici digitali, un dato ben al di sotto della media UE del 65%.

I risultati migliori riguardano gli open data (92% contro la media UE dell’81%), mentre per quanto riguarda la disponibilità di moduli precompilati l’Italia è ancora al di sotto della media europea (con un punteggio di 48 rispetto a 64).

Sotto il profilo dell’offerta di servizi pubblici digitali alle imprese, l’Italia è in linea con il dato UE, con un punteggio pari a 79 (82 è invece quello UE). Il divario con la media UE risulta leggermente superiore se si guarda all’offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini (67 in Italia rispetto a 75 nell’UE).

Va ricordato che questi risultati non riflettono ancora l’impulso che il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dovrebbe dare alle iniziative per la digitalizzazione della PA e dei suoi servizi.

Articolo precedenteGDPR: quando possono essere considerati anonimi i dati?
Articolo successivoChi è il Digital Trust Expert per la digitalizzazione aziendale?