Fatture reverse charge: controversia sulla detrazione dell’IVA
La sentenza della Cassazione n.18730 del 09/07/2024 si è occupata della corretta applicazione del reverse charge, ed in particolare della detrazione dell’IVA da parte dell’acquirente.
Il tema è stato affrontato con riguardo ad una società che aveva registrato, nell’anno d’imposta 2009, alcune operazioni qualificate come inesistenti. A seguito di queste registrazioni, la società ha ricevuto un avviso di accertamento ai fini IRES, IVA ed IRAP.
L’Agenzia delle Entrate (AdE) aveva sostenuto che, nonostante le operazioni fossero soggette a reverse charge, la società fosse comunque tenuta a versare l’imposta, non avendo diritto alla detrazione ed essendo dovuta l’IVA integrata ai sensi dell’art.21, c.7, del DPR 633/73.
La sentenza della Cassazione ha confermato la posizione dell’AdE, ribadendo che la società fosse tenuta a versare l’imposta nonostante l’applicazione del reverse charge.
Reverse charge IVA: il meccanismo dell’inversione contabile
Il reverse charge, detto anche inversione contabile, è un meccanismo di applicazione dell’IVA pensato dal legislatore per contrastare l’evasione fiscale in alcuni settori considerati particolarmente soggetti a tale rischio.
La fattura reverse charge viene emessa dal fornitore senza applicazione dell’IVA e con indicazione di una apposita dicitura del tipo “Operazione soggetta a reverse charge ai sensi dell’art. 17 del DPR 633/1972“. Il cliente, cessionario dei beni acquistati o dei servizi ricevuti, è tenuto ad integrare la fattura indicandovi l’aliquota IVA da applicare e l’imposta corrispondente. In questo modo egli diventa soggetto passivo dell’imposta, che deve provvedere a versare all’Erario secondo le consuete scadenze in base al regime contabile adottato.
Sempre il cliente deve registrare la fattura reverse charge, entro i consueti termini:
- sia sul registro IVA acquisti, in quanto essa documenta l’acquisto del bene o del servizio. In questo modo potrà procedere alla detrazione della relativa IVA;
- sia sul registro IVA vendite, poiché l’onere del versamento dell’IVA incombe su di lui.
Chiaramente, la doppia annotazione a credito e a debito, fa sì che il contribuente non debba corrispondere l’IVA materialmente all’Amministrazione finanziaria.
Detraibilità dell’IVA: il principio di inerenza
Affinché l’IVA assolta sugli acquisti sia detraibile da parte dell’impresa, è necessario che l’operazione:
- venga adeguatamente documentata mediante una fattura valida;
- sia inerente l’attività svolta.
Il concetto di inerenza è desumibile dall’art.19 del DPR 633/72, secondo il quale, “per la determinazione dell’imposta dovuta …. è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.”
In altre parole, il contribuente, per poter esercitare legittimamente il diritto alla detrazione dell’IVA deve verificare che vi sia una connessione funzionale tra il costo sostenuto e la specifica attività svolta. Si tratta di una verifica che va fatta con riferimento al caso concreto e che deve andare oltre ad una semplice correlazione formale tra acquisti e vendite.
Il contribuente, quindi, per poter detrarre l’IVA pagata sugli acquisti, deve poter provare che vi sia una relazione tra l’operazione di acquisto effettuata e la propria attività di impresa. Più precisamente occorre poter dimostrare che l’uso del bene o del servizio sia incardinato nell’ambito di un ciclo produttivo conducente a valle ad operazioni imponibili (Comm. Trib. Centrale n.2030 del 4.6.93, CTP Milano n.40 del 24.2.98).
Ogni qual volta l’operazione è estranea all’attività imprenditoriale, perché destinata ad esigenze personali o familiari o perché effettuata in assenza di un nesso diretto tra il bene o il servizio acquistato e l’attività svolta, l’IVA pagata sull’operazione non è detraibile.
Ai fini della detrazione, invece, non è richiesta l’effettiva utilizzazione del bene.
Questa regola generale è valida anche nel caso delle fatture reverse charge.
IVA reverse charge: quando l’imposta è detraibile
La sentenza della Corte di Cassazione n.18730/2024 sottolinea che l’annotazione delle fatture reverse charge nel registro degli acquisti presuppone che vi siano le condizioni sostanziali per detrarre l’IVA. In altre parole, il semplice versamento dell’IVA dal parte del cessionario, non implica che egli abbia diritto automaticamente alla detrazione dell’imposta, che può avvenire solamente nel caso in cui sussista il requisito dell’inerenza e vi sia una reale connessione tra l’acquisto effettuato e l’attività svolta dall’impresa. La Corte ricorda che a stabilirlo è l’art.17, paragrafo 2, della direttiva n.77/388/CEE, il quale sancisce che la detrazione spetta nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di operazioni aziendali soggette ad imposta.
L’onere della prova
A dover dimostrare la sussistenza del requisito dell’inerenza è il contribuente che dovrà, quindi, conservare tutta la documentazione necessaria per dimostrare la connessione funzionale tra l’acquisto e l’attività d’impresa. Pertanto, sarà bene custodire fatture, contratti e tutti gli altri documenti utili a dimostrare il proprio diritto alla detrazione dell’IVA.
Nel caso in cui il contribuente non fosse in grado di dimostrare l’esistenza del requisito dell’inerenza, l’Amministrazione finanziaria potrà effettuare la ripresa della detrazione dell’imposta, con applicazione delle relative sanzioni.
Fatture reverse charge: le conclusioni a cui è giunta la Cassazione
In conclusione, la sentenza n. 18730/2024 della Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice pagamento dell’IVA da parte del cessionario non è sufficiente per ottenere il diritto alla detrazione.
Inoltre, ha ribadito l’importanza cruciale dell’inerenza dell’operazione all’attività d’impresa, richiedendo un’analisi dettagliata di ogni transazione.
Infine, a sottolineato che, in caso di contestazione, è il contribuente a dover fornire prove concrete dell’inerenza, il che implica una gestione attenta e una documentazione precisa delle operazioni aziendali.