Marca da bollo: qual è la differenza tra digitale e virtuale?

Marca da bollo: qual è la differenza tra digitale e virtuale?

Che cos’è la marca da bollo digitale?

La marca da bollo è un contrassegno adesivo, simile a un francobollo, che si acquista presso le rivendite di valori bollati. Si tratta di un’imposta che va obbligatoriamente applicata su fatture o ricevute fiscali di importo non soggetto a IVA superiore a 77,47 euro.

Possiede un valore nominale pari a 2 euro o a 16 euro (questa seconda tipologia si applica agli atti delle pubbliche amministrazione e a documenti pubblici, societari o notarili). Per determinarne l’ambito di applicazione bisogna fare riferimento al DPR n. 642/72 che contiene le indicazioni necessarie per il corretto uso del contrassegno.

Con la rivoluzione digitale che ha coinvolto anche il mondo fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha affiancato alla classica marca da bollo cartacea la marca da bollo digitale, che assolve lo stesso scopo, ma in modo diverso.

Infatti, mentre la marca da bollo cartacea si acquista presso i punti vendita autorizzati e viene fisicamente applicata ai documenti, quella digitale viene emessa esclusivamente online. La marca da bollo virtuale consiste in un insieme di dati associati in modo univoco al documento su cui è apposta.

Per quanto riguarda la validità della marca da bollo telematica, proprio come per quella cartacea non esiste data entro cui il contrassegno deve essere utilizzato. Anche perché per le marche da bollo digitali non si acquista un vero e proprio tagliando bensì si effettua un versamento, eseguito tramite F24 oppure con addebito diretto sul conto corrente.

Va inoltre ricordato che per verificare una marca da bollo, cioè se si vuole controllare la validità del contrassegno, si può usare uno specifico servizio online dell’Agenzia delle Entrate. Basta, infatti, collegarsi alla pagina Interrogazione contrassegni e inserire il numero della marca da bollo che si vuole controllare.

Dove si compra e come si paga la marca da bollo online?

Per acquistare e pagare la marca da bollo virtuale è necessario seguire la procedura online prevista dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta di pochi e semplici passaggi, che non richiedono troppo tempo, ma che garantiscono una maggiore comodità e velocità rispetto all’acquisto della marca da bollo cartacea. È però importante avere ben presente il calendario delle scadenze fiscali e fare un calcolo previsionale delle fatture che dovranno essere emesse.

Ecco quali sono gli step da seguire per l’utilizzo della marca da bolla digitale:

  • Effettuare la registrazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate: il primo passo è effettuare l’accesso, previa registrazione, al sito FiscoOnline Entrate dell’Agenzia delle Entrate. L’adozione dell’identità digitale SPID ha reso la procedura molto più semplice dal momento che, ottenute le credenziali (password e user ID), è sufficiente entrare nella sezione dell’imposta di bollo;
  • Richiesta di autorizzazione: una volta effettuata la registrazione, il contribuente deve presentare la domanda di autorizzazione, utilizzando il modello previsto sul sito dell’Agenzia, dove indicherà il numero di fatture ipotetico che pensa di emettere nel corso dell’anno. Dopodiché dovrà attendere la risposta di accettazione e ricevere l’autorizzazione dall’Ente;
  • Presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta di bollo: entro il 31 gennaio di ogni anno bisogna inviare la Dichiarazione Annuale dell’Imposta di Bollo, con il riepilogo del numero di fatture emesse nel corso dei 12 mesi precedenti e la loro tipologia, allegando anche l’eventuale previsione per l’anno successivo.
  • Pagamento marca da bollo virtuale con F24: il pagamento dell’imposta di bollo ha una cadenza trimestrale per le fatture il cui importo complessivo è superiore ai mille euro, mentre per somme inferiori può avere una cadenza semestrale. Il pagamento può essere eseguito tramite F24 oppure con addebito diretto sul conto corrente.

Quali sono i modelli F24 per effettuare il pagamento della marca da bollo digitale?

A partire dal 1° gennaio 2019 i modelli F24 sono già precompilati, quindi non bisogna fare altro che inserire il codice tributo tra quelli indicati sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Ecco quali sono i codici di riferimento, con la relativa causale, per la marca da bollo virtuale da due euro:

  • 2505: pagamento con rate bimestrali;
  • 2506: pagamento acconto;
  • 2507: adempimento per eventuali sanzioni;
  • 2508: pagamento di interessi;
  • 2521: pagamento marca da bollo virtuale del primo trimestre;
  • 2522: pagamento imposta di bollo secondo trimestre;
  • 2523: pagamento marche da bollo digitali terzo trimestre;
  • 2524: versamento imposta di bollo quarto trimestre.

Marca da bollo virtuale per la PA: come funziona?

Per pagare online l’imposta di bollo dovuta sulle istanze trasmesse in via telematica alla Pubblica Amministrazione e sui relativi atti e provvedimenti elettronici, i contribuenti possono utilizzare il servizio @e.bollo, che consente l’acquisto della marca da bollo digitale, nella misura forfettaria di sedici euro a documento, a prescindere dalla dimensione dello stesso.

Per acquistare la marca da bollo digitale, cittadini e imprese possono effettuare il pagamento online scegliendo un Prestatore di Servizi di Pagamento (PSP) abilitato al servizio @e.bollo. Sono abilitati al servizio esclusivamente i PSP aderenti al sistema pagoPA che hanno stipulato la Convenzione per il servizio @e.bollo con l’Agenzia delle Entrate e attivato le relative funzionalità.

UE, l’accordo finale sul portafoglio di identità digitale

UE, l'accordo finale sul portafoglio di identità digitale

UE e identità digitale: c’è l’accordo sull’European Digital Identity Wallet

La Commissione europea, in un comunicato stampa diffuso lo scorso 8 novembre, si è espressa sull’accordo raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea in merito al regolamento che introduce l’EUDI wallet, il portafoglio europeo di identità digitale.

L’intesa sancita tra le istituzioni europee decreta la conclusione del lavoro portato avanti dai co-legislatori e volto ad attuare i risultati dell’accordo provvisorio raggiunto il 29 giugno 2023 su un quadro giuridico per un’identità digitale dell’UE, il primo quadro per un’identità digitale affidabile e sicura per tutti i cittadini europei.

Questo accordo rappresenta uno degli obiettivi di trasformazione digitale dell’UE da raggiungere entro il 2030 nell’ambito del decennio digitale e consentirà a tutti i cittadini europei di avere a disposizione un European Digital Identity Wallet per accedere ai servizi pubblici e privati online in completa sicurezza e con la garanzia che i dati personali saranno protetti in tutta Europa.

Oltre che dalla Pubblica Amministrazione, il portafoglio di identità digitale dell’UE dovrà essere accettato come metodo di accesso ai propri servizi online anche dalle piattaforme di dimensioni molto grandi designate a norma del regolamento sui servizi digitali (inclusi servizi come Amazon, Booking.com o Facebook) e dai servizi privati giuridicamente tenuti all’autenticazione degli utenti. Il portafoglio faciliterà la conformità dei fornitori di servizi ai vari requisiti normativi e favorirà il riconoscimento per tutti i prestatori di servizi privati nell’ambito dei loro servizi, creando così nuove opportunità commerciali per le imprese europee.

Per quanto riguarda i cittadini europei, il wallet permetterà di accedere ai servizi online e conservare in modo semplice e sicuro l’identità digitale, evitando la necessità di creare nuovi account per ogni singolo servizio. Le persone potranno quindi aprire conti bancari, effettuare pagamenti e portare con sé documenti digitali, come la patente, una prescrizione medica o un titolo di trasporto, senza dover preoccuparsi della sicurezza dei propri dati personali.

Il portafoglio consentirà all’utente di scegliere se condividere o meno i dati personali e offrirà il massimo grado di sicurezza certificato da enti indipendenti, mentre parti del suo codice saranno pubblicate come open source, allo scopo di escludere qualsiasi possibilità di uso improprio, tracciamento illegale, rintracciamento o intercettazione governativa.

Come funzionerà il wallet UE? Il portafoglio sarà dotato di un pannello di controllo con tutte le operazioni accessibili al titolare, prevederà la possibilità di segnalare presunte violazioni della protezione dei dati e consentirà l’interazione tra portafogli. Inoltre, i cittadini potranno attivare il portafoglio tramite i sistemi nazionali di identificazione elettronica esistenti e usufruire di firme elettroniche gratuite per uso non professionale.

Quali saranno le prossime tappe del percorso che porterà al wallet UE?

Il primo passo è l’approvazione formale dell’accordo raggiunto dai co-legislatori da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Una volta che sarà adottato ufficialmente, il quadro per un’identità digitale europea entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A questo punto, gli Stati membri dovranno fornire i portafogli di identità digitale dell’UE ai cittadini 24 mesi dopo l’adozione degli atti di esecuzione che stabiliscono quali sono le specifiche tecniche per il portafoglio stesso e per la certificazione. Gli atti di esecuzione, che saranno poi adottati 6 e 12 mesi dopo l’adozione del regolamento, si baseranno sulle specifiche elaborate nell’ambito del pacchetto di strumenti per un’identità digitale dell’UE, creando così condizioni armonizzate per il rilascio e l’uso dei portafogli in tutto il territorio dell’Unione europea.

Potential collabora alla costruzione di un European Digital Identity Wallet

Potential è uno dei quattro consorzi selezionati dalla Commissione Europea per testare alcune funzioni dell’EUDI wallet in sei settori dell’identità digitale: servizi governativi, banche, telecomunicazioni, patenti di guida, firma elettronica e salute.

Il consorzio, di cui fa parte anche Namirial, conta 148 partecipanti appartenenti a 19 Stati membri UE più l’Ucraina ed è costituito da esperti del settore pubblico e privato chiamati ad affrontare i diversi problemi (tecnici, commerciali, normativi) legati al funzionamento del wallet nei sei ambiti citati, adottando un approccio incentrato sull’utente per garantire l’interoperabilità tra i sistemi di aziende e istituzioni diverse.

I principali obiettivi del consorzio Potential sono:

  • Sviluppare in modo collaborativo portafogli digitali nazionali interoperabili e accessibili in tutta Europa in modo completamente sicuro;
  • Semplificare le procedure online, come l’apertura di un conto bancario, il noleggio di un’auto o la firma elettronica di documenti;
  • Creare legami più forti in tutta Europa e aiutare le persone, le imprese e i governi a lavorare insieme in modo più efficiente.

PNRR e cybersecurity: cosa sta cambiando per la aziende

PNRR e cybersecurity: cosa sta cambiando per la aziende

Cybersecurity e digitalizzazione delle imprese: il PNRR come opportunità di investimento

La cybersecurity gioca un ruolo fondamentale nella trasformazione digitale delle aziende in Italia. Con l’avvento di nuove tecnologie, la crescente digitalizzazione dei processi e l’aumento dei cyber attacchi, è diventato sempre più indispensabile investire in sicurezza informatica per proteggere i dati e gli asset delle imprese sia da minacce esterne che interne.

Il ruolo della cyber security è multifunzionale. In primo luogo, protegge le informazioni sensibili dell’azienda, inclusi dettagli finanziari, dati dei clienti e proprietà intellettuale. In secondo luogo, assicura la continuità operativa prevenendo interruzioni indesiderate nei sistemi aziendali. Terzo, contribuisce a preservare la reputazione dell’azienda, poiché episodi di data breach possono avere conseguenze negative sull’affidabilità dell’azienda e sulla fiducia che i clienti ripongono in essa.

Inoltre, la cybersecurity è cruciale per garantire la conformità alle normative e alle leggi sulla privacy, che sono sempre più stringenti. La digitalizzazione delle imprese porta quindi con sé nuove sfide, ma anche nuove opportunità, e la cybersecurity è fondamentale per sfruttare al meglio i vantaggi della digital transformation, garantendo al contempo la protezione dai rischi.

In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’opportunità per le aziende italiane di investire in sicurezza informatica. Il PNRR prevede infatti un programma di investimento volto a rafforzare la cybersecurity delle imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, attraverso l’implementazione di misure tecniche e organizzative.

L’investimento connette imprese e PA con i fornitori di tecnologia. La sua attuazione è affidata all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), in stretto contatto con il Dipartimento per la trasformazione digitale (DTD), e contribuisce all’attuazione della Strategia Nazionale di Cybersicurezza, che prevede il raggiungimento di 82 misure entro il 2026.

Tale strategia si articola su tre livelli:

  • Sviluppare le capacità di cyber resilience in modo diffuso nel Paese;
  • Rafforzare le capacità nazionali di scrutinio e certificazione tecnologica;
  • Potenziare le capacità cyber della Pubblica Amministrazione.

Gli investimenti in materia di cyber security dell’ACN sono incentrati su capacità e procedure di monitoraggio, prevenzione e risposta più efficaci contro le minacce per il corretto funzionamento dei sistemi e delle reti. Gli obiettivi sono:

  • Conservare e gestire in tutta sicurezza i dati e i servizi della Pubblica Amministrazione;
  • Identificare tempestivamente gli eventi informatici malevoli e mitigarne gli effetti;
  • Rafforzare la valutazione e certificazione delle tecnologie cyber per una transizione digitale nazionale resiliente.

Attacchi cyber sempre più mirati: le risorse del PNRR per contrastarli

Il processo di digitalizzazione delle aziende ha portato con sé la proliferazione di nuove tecnologie, come Intelligenza Artificiale e Internet of Things, ma ha anche aumentato l’esposizione a rischi e ad attacchi informatici sempre più avanzati e mirati.

Le minacce a cui sono esposte le aziende sono molteplici e in costante evoluzione, dalle tradizionali attività di phishing e malware fino a più sofisticati attacchi ransomware che possono causare gravi danni economici e reputazionali. Gli attacchi possono provenire da attori esterni, come hacker, o da attori interni, come dipendenti che, ad esempio, non usano correttamente i dispositivi aziendali.

Secondo il Rapporto Clusit 2023, indipendentemente dal settore e dalle dimensioni delle imprese, gli incidenti informatici, le frodi e il sabotaggio sono diventati più frequenti, pericolosi e costosi. In Italia, in particolare, dopo quello governativo (20% degli attacchi), è il comparto manifatturiero il più colpito da attività criminali informatiche (19%), mentre il settore dei servizi professionali e tecnico-scientifici è l’ambito che registra il maggior incremento di incidenti gravi (+233,3%), seguito dal settore manifatturiero (+191,7%), comparto IT (+100%) e settore militare (+65,2%).

Per far fronte a questa sfida, il PNRR Italia Domani destina per la sicurezza informatica una parte consistente dei 191,5 miliardi di euro assegnati all’Italia e finanziati dal programma europeo Next Generation EU (NGEU). Del totale dei fondi, infatti, 623 milioni sono destinati alla cybersecurity. Di questi, 147 milioni serviranno per i laboratori di scrutinio e certificazione tecnologica e 301 milioni saranno utilizzati per il potenziamento e la resilienza cyber.

Il PNRR è stato pensato come un vero e proprio progetto trasformativo in grado di accelerare la transizione digitale e di creare un’economia più resiliente e sostenibile a lungo termine attraverso un programma di investimento a cui si affianca un corposo pacchetto di riforme. L’attenzione alla cybersecurity, intesa come combinazione di tecnologie e risorse umane, in questo contesto diventa quindi fondamentale per garantire la sicurezza delle imprese e del Paese nel suo complesso, e per favorire una crescita economica che contribuisca a rendere l’Italia un paese più competitivo a livello internazionale.

Va inoltre ricordato che alle risorse europee del PNRR si aggiungono due fondi nazionali stanziati con la Legge di Bilancio 2023: il primo è il Fondo per l’attuazione della Strategia Nazionale Di Cybersicurezza, che finanzia gli investimenti volti al conseguimento dell’autonomia tecnologica in ambito digitale (con 70 milioni per il 2023, 90 milioni per il 2024, 110 milioni per l’anno 2025 e 150 milioni l’anno dal 2026 al 2037). L’altro è il Fondo per la gestione della cybersicurezza (10 milioni per il 2023, 50 milioni per il 2024 e 70 milioni annui a partire dal 2025).

Nuovo codice dei contratti pubblici: il BIM e la digitalizzazione degli appalti

Nuovo codice dei contratti pubblici: il BIM la digitalizzazione degli appalti

Digitalizzazione appalti e BIM: le nuove regole a partire dal 2024

Lo scorso 29 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto Legislativo recante il codice dei contratti pubblici (D.L 36/2023) con l’obiettivo di semplificare, snellire e rendere più efficiente l’intero settore degli appalti, promuovendo la digitalizzazione in ogni fase del processo, dalla programmazione fino alla  conclusione dei lavori.

Il testo del nuovo codice dei contratti pubblici ha un numero di articoli simile a quelli del Decreto Legislativo del 18 aprile 2016 n. 50, ma riduce in maniera significativa i commi, le parole e i caratteri utilizzati, diminuendo in questo modo la complessità delle norme e delle linee guida di riferimento.

In base a quanto previsto dalla legge, entro il 1° gennaio 2024, le stazioni appaltanti dovranno dotarsi di piattaforme di approvvigionamento digitale certificate e interoperabili, in grado di interagire con la banca dati nazionale dei contratti pubblici e la piattaforma nazionale dati, assicurando parità di accesso e la massima sicurezza delle informazioni.

Oltre a ciò, entro il 1° gennaio 2025 le stazioni appaltanti dovranno adottare metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, come già previsto dal cosiddetto Decreto BIM, per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione il cui valore è superiore a 1 milione di euro.

Il nuovo codice degli appalti pubblici segna quindi una svolta importante nella digitalizzazione del settore edilizia, evidenziando l’importanza degli strumenti digitali che possono essere utilizzati per garantire la trasparenza, la tempestività, l’efficienza e la sostenibilità delle opere pubbliche, senza dimenticare altri aspetti fondamentali come l’ottimizzazione delle risorse, i controlli sulla qualità dei lavori e la sicurezza dei lavoratori impegnati nelle varie fasi del processo di costruzione.

I 12 principi generali alla base del nuovo codice degli appalti

I due principi che guidano il nuovo codice sono quello del risultato e quello della fiducia, illustrati all’articolo 1 e articolo 2 del decreto legislativo.

In base al principio del risultato, le stazioni appaltanti sono chiamate ad eseguire le attività previste dal contratto e a gestire i lavori con la massima tempestività e al miglior rapporto qualità/prezzo, in funzione di altri principi, ossia quelli di concorrenza, trasparenza, verificabilità, tracciabilità, efficacia, efficienza, economicità. Il principio della fiducia, invece, favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato.

Oltre al principio del risultato e al principio di fiducia, che rappresentano delle più importanti novità rispetto al testo precedente, il nuovo codice prevede anche altri principi fondamentali a cui sono dedicati i primi dodici articoli del decreto legislativo:

  1. Principio dell’accesso al mercato;
  2. Principio del criterio interpretativo e applicativo;
  3. Principio di buona fede e di tutela dell’affidamento;
  4. Principio di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale;
  5. Principio di auto-organizzazione amministrativa;
  6. Principio di autonomia contrattuale;
  7. Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale;
  8. Principio di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione;
  9. Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore;
  10. Rinvio esterno.

Quali sono i cambiamenti più importanti nel settore delle costruzioni?

I due articoli che interesseranno direttamente i professionisti dell’edilizia e che meglio sintetizzano il cambiamento introdotto dal nuovo codice dei contratti pubblici sono il 41 (Livelli e contenuti della progettazione) e il 43 (Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni).

L’articolo 41 segna un passaggio dai tre livelli di progettazione del precedente codice a soli due livelli, ossia il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Si tratta di una scelta legata soprattutto al principio del risultato che mira a semplificare le procedure e a ridurre i tempi di realizzazione delle opere pubbliche.

La progettazione così suddivisa è pensata per favorire:

  • Il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività;
  • La conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza delle costruzioni;
  • La rispondenza ai requisiti di qualità architettonica e tecnico-funzionale, nonché il rispetto dei tempi e dei costi previsti;
  • Il rispetto di tutti i vincoli esistenti, con particolare riguardo a quelli idrogeologici, sismici, archeologici e forestali;
  • L’efficientamento energetico e la minimizzazione dell’impiego di risorse materiali non rinnovabili nell’intero ciclo di vita delle opere;
  • Il rispetto dei principi della sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale dell’intervento, anche per contrastare il consumo del suolo, incentivando il recupero, il riuso e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e dei tessuti urbani;
  • La razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni di cui all’articolo 43;
  • L’accessibilità e l’adattabilità secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di barriere architettoniche;
  • La compatibilità geologica e geomorfologica dell’opera.

L’articolo 43, invece, si concentra sulla metodologia BIM ed è composto da 5 commi approfonditi nell’apposito Allegato I.9 che definisce le modalità e i termini di adozione dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni. L’utilizzo di questi metodi e strumenti costituisce un parametro di valutazione dei requisiti premianti per la qualificazione delle stazioni appaltanti.

Ecco quali sono le principali novità introdotte dall’articolo 43:

  • A partire dal 1° Gennaio 2025 le stazioni appaltanti avranno l’obbligo di utilizzare piattaforme aperte interoperabili su appalti con importo a base di gara superiore a 1 milione di euro, a esclusione di attività di manutenzione ordinaria e straordinaria;
  • Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono adottare metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni anche al di fuori dei confini dell’obbligatorietà ma devono operare in conformità con le direttive contenute nell’Articolo 19 del Codice in merito ai “Principi e diritti digitali”;
  • L’impiego della tecnologia BIM è subordinato all’uso di piattaforme interoperabili che si basano su formati aperti non proprietari. Questa scelta è stata fatta per garantire la libertà di concorrenza tra le aziende che forniscono i servizi e per garantire la libertà di scelta delle stazioni appaltanti, così da evitare l’instaurarsi di posizioni dominanti sul mercato.

Nuovi rischi per l’Intelligenza Artificiale: il model collapse

Nuovi rischi per l'Intelligenza Artificiale: il model collapse

Model collapse: che succede quando l’IA mangia se stessa?

L’Intelligenza Artificiale (IA) ha trasformato in modo significativo la nostra vita quotidiana e il suo impatto è destinato a crescere ancora di più nei prossimi anni. Le applicazioni dell’IA sono infinite, dalle automobili autonome alla diagnostica medica assistita da computer, dall’analisi dei Big Data alle traduzioni automatiche. Tali progressi sono resi possibili grazie all’uso di algoritmi complessi e potenti reti neurali che permettono alle macchine di apprendere e migliorare in maniera autonoma, superando le prestazioni umane in molti compiti.

I contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale stanno diventando sempre più diffusi sul web tanto che secondo il rapporto dell’osservatorio Europol Innovation Lab entro il 2026 si prevede che il 90% di ciò che leggeremo online sarà generato con l’aiuto dell’IA. Un afflusso di informazioni così massiccio può significare un vantaggio per gli utenti, ma può anche presentare nuove sfide e rischi sia per chi consuma i contenuti che per i sistemi di Intelligenza Artificiale.

Infatti, se da un lato la significativa quantità di contenuti generati dall’IA può sommergere le persone con informazioni eccessive, rendendo difficile determinare ciò che è affidabile da quello che non lo è, d’altro canto può anche mettere in pericolo l’integrità stessa dei sistemi di IA.

Il model collapse, ad esempio, è uno dei rischi emergenti per l’IA e si verifica quando una rete neurale, addestrata su un enorme volume di dati, produce risultati coerenti, precisi e affidabili in un primo momento, ma in seguito comincia a ripetere gli stessi dati e le stesse risposte senza aggiungere alcuna nuova informazione. In sostanza, l’IA inizia a “mangiarsi” da sola e riutilizza le stesse informazioni già presenti nel suo database senza essere in grado di adattarsi e imparare da nuove situazioni o dati.

Questo fenomeno può avere conseguenze disastrose, soprattutto nei settori dove l’IA è cruciale per prendere decisioni importanti, come ad esempio nella medicina o nell’analisi dei rischi finanziari. Se una rete neurale inizia a ripetere lo stesso risultato senza considerare nuove informazioni, quello che succede è che l’IA non è più in grado di adattarsi e prendere decisioni corrette, mettendo a rischio la sicurezza e il benessere delle persone coinvolte.

Un esempio di model collapse semplice che spiega il fenomeno

Per rendere più chiaro il concetto di model collapse immaginiamo che un modello di IA allenato per generare diverse immagini di gatti riesca a partire da descrizioni testuali e restituisca in prima istanza risultati molto realistici e convincenti. Tuttavia, se il modello non viene più esposto a nuove immagini o dati sui gatti, potrebbe iniziare a ripetere gli stessi risultati senza aggiungere nuove caratteristiche, indipendentemente dalla descrizione fornita.

In sostanza, se il sistema di IA, come avviene in questo caso, non è costantemente alimentato con nuove informazioni non riesce a catturare la ricchezza e la varietà dei dati, diventando inefficace e perdendo la sua capacità di apprendere. Di conseguenza, il modello di IA collassa su se stesso e la sua utilità diminuisce drasticamente.

Per mitigare i rischi dell’Intelligenza Artificiale connessi al model collapse, si possono adottare varie strategie durante l’addestramento del modello, come ad esempio l’uso delle cosiddette tecniche di regolarizzazione, che semplificano il processo di apprendimento automatico, o ancora la modifica della complessità del modello o l’implementazione di meccanismi di controllo della diversità nella generazione dell’output.

Il processo di apprendimento, il crollo e i rischi

Per meglio comprendere che cos’è il model collapse bisogna innanzitutto sapere come vengono addestrati i Machine Learning models, ossia i modelli di IA basati sull’apprendimento automatico.

Le IA vengono addestrate utilizzando un volume di dati davvero enorme– comunemente chiamati training data (dati di addestramento) – dai quali identificano patterns e relazioni per apprendere come rispondere a determinati input che potrebbero richiedere specifiche azioni.

Ma cosa succede quando i dati di addestramento sono in gran parte o esclusivamente sintetici, ossia generati dagli stessi modelli di IA? L’idea di utilizzare i dati generati dalle IA per addestrare altre IA sembra paradossale, tuttavia è una pratica sempre più comune in molti ambiti poiché non sempre è possibile raccogliere dati “reali” in quantità sufficiente. Presenta, inoltre, diversi vantaggi, come la riduzione dei costi e dei tempi di raccolta e analisi delle informazioni, ma può anche portare a risultati poco affidabili che possono essere ripetitivi e poco rappresentativi della realtà.

Nel mondo dell’apprendimento automatico, l’effetto del processo di apprendimento basato su dati sintetici è proprio il model collapse, un fenomeno che si verifica quando un modello addestrato su dati sintetici inizia a generare risultati sempre meno diversificati e più ripetitivi. L’IA diventa così una sorta di “copia” di se stessa, incapace di apprendere nuove informazioni e con una bassa capacità di adattarsi a situazioni nuove e generare risposte coerenti.

Nella migliore delle ipotesi, il risultato può essere una scarsa qualità dell’output, poco accurato e per nulla affidabile, mentre nella peggiore delle ipotesi ciò che può restituire un modello di IA in stato di collapse sono informazioni errate, insensate, inappropriate o addirittura pericolose. Se non si attuano misure per prevenire il model collapse, quindi, l’IA rischia di diventare improduttiva e contraddittoria.

Il model collapse evidenzia l’importanza della componente umana

In un articolo pubblicato su Medium lo scorso giugno, il giornalista canadese freelance, esperto di scienza e tecnologia Clive Thompson, che collabora anche con NYT Magazine e Wired, sottolinea che il model collpase mette in luce l’importanza della componente umana nell’addestramento dell’IA.

Gli esseri umani, sottolinea il giornalista, apportano una gamma diversificata di pensieri, sentimenti, esperienze e prospettive culturali che i synthetic data (dati sintetici) non possono replicare, creando di fatto un limite nella capacità delle IA di apprendere e capire il mondo reale.

Thompson evidenzia che i modelli di Intelligenza Artificiale addestrati su dati generati dall’uomo possono riflettere più accuratamente la diversità e la complessità degli scenari del mondo reale. Questo però non significa scartare completamente i dati sintetici, ma mantenere un equilibrio tra questo tipo di informazioni e la componente umana per ottenere risultati migliori e più affidabili nel processo di addestramento dei modelli di IA. In questo modo si potranno prevenire i rischi connessi al model collapse e garantire una maggiore sicurezza nell’utilizzo delle intelligenze artificiali.

Anche perché, non va dimenticato, il model collpase non è un problema solo per gli sviluppatori e i ricercatori che navigano nel vasto e complesso mondo dell’apprendimento automatico, ma riguarda tutti gli utenti finali delle IA, incluse aziende, governi e tutti coloro che si affidano all’IA per offrire un valore aggiunto ai loro prodotti e servizi.

Poiché contiamo sempre più sull’Intelligenza Artificiale per ottimizzare le operazioni, automatizzare processi e prendere decisioni informate, il rischio di collasso del modello può avere implicazioni di vasta portata sulla società in ogni suo aspetto. Ecco perché è fondamentale comprendere i rischi del model collapse e adottare le giuste strategie per mitigarli durante il processo di addestramento delle intelligenze artificiali.

I vantaggi della trasformazione digitale omnicanale in azienda

Omnicanale: significato e caratteristiche

Più la tecnologia avanza, più il confine tra la vita online e offline si riduce, creando un mondo sempre più interconnesso e dinamico. In questo scenario, dove il consumatore è costantemente connesso e sempre più esigente, la trasformazione digitale delle aziende è cruciale, per far sì che esse possano continuare a essere competitive sul mercato. E che possano offrire un’esperienza di acquisto soddisfacente ai propri clienti, che oggi vogliono interagire con i brand in modo fluido e senza soluzione di continuità.

Secondo i dati di Harvard Business Review, il 73% dei clienti utilizza più canali durante il percorso di acquisto e quindi non si può più pensare che quelle svolte in negozio, da desktop o da smartphone siano tre modalità di acquisto separate, ma è necessario avere una visione integrata e omnicanale del cliente. Anche perché dall’analisi di The State of Commerce Experience emerge che quasi la metà (44%) degli acquirenti B2C e il 58% di quelli B2B dichiara di effettuare sempre o spesso ricerche su un prodotto online prima di recarsi in un negozio fisico.

Pertanto, una buona strategia omnicanale deve concentrarsi sull’intero percorso di acquisto e non solo sulle singole esperienze di acquisto isolate, quindi comprendere interazioni e comportamenti sui vari canali per offrire una continuità e una coerenza tra di essi, garantendo un’esperienza fluida e senza attriti.

Che cosa vuol dire esattamente omnicanalità

In poche parole, omnicanalità vuol dire soddisfare le esigenze dei clienti in ogni punto di contatto e fornire le stesse funzionalità su tutti i canali, indipendentemente dal modo in cui l’acquirente sceglie di interagire con l’azienda. Ad esempio, un cliente può decidere di acquistare un prodotto online e ritirarlo in negozio senza problemi. Una volta in negozio, al cliente si possono suggerire altri prodotti che vanno a completare l’acquisto effettuato online, creando una sinergia tra canali e aumentando il valore medio dell’ordine.

Le aziende devono essere attente a ogni fase del percorso del cliente, dalla ricerca di informazioni e prodotti, al processo di acquisto, fino all’assistenza durante e dopo la vendita, al fine di costruire un rapporto di fiducia continuativo che favorisca la fidelizzazione e il passaparola positivo. I canali da considerare in questo processo sono diversi e comprendono sia quelli online (sito web, app, social media) che offline (negozi fisici, servizio clienti telefonico, eventi).

In poche parole, l’omnicanalità consiste nell’andare incontro ai clienti ovunque si trovino e nel fornire un servizio eccellente in ogni touchpoint, migliorando così la customer experience e creando un vantaggio competitivo sulla concorrenza.

Omnichannel vs. multi-channel vs. single-channel: qual é la differenza

Quando si parla di omnicanalità, è importante distinguere tra questo concetto da quello di multi-channel e single-channel che, sebbene possano sembrare simili, in realtà presentano differenze significative.

Per meglio comprendere in che cosa si differenziano questi tre modelli, diamo una definizione di ciascuno:

  • Single-channel: si riferisce a un modello in cui le aziende utilizzano un solo canale per interagire con i clienti, come il negozio fisico o il sito web. Nelle strategie monocanale i costi, il servizio clienti, la pubblicità e la gestione dell’inventario sono tutti concentrati in un’unica direzione, quindi sono facili da gestire e da controllare. Questo tipo di strategia è comune nelle piccole imprese, ma può limitare la portata e l’impatto del brand che, non utilizzando canali alternativi, potrebbe perdere opportunità di vendita e fidelizzazione;
  • Multi-channel: le strategie multicanale utilizzano diversi punti di contatto e permettono ai clienti di interagire con l’azienda su più canali, ad esempio tramite il negozio fisico, il sito web, l’app mobile o i social media. La differenza sostanziale con l’omnichannel sta nel fatto che i diversi punti di contatto sono generalmente indipendenti l’uno dall’altro e l’integrazione dei dati o il crossover tra i canali è limitato o inesistente, causando una discontinuità nell’esperienza complessiva del cliente. Uno degli esempi più comuni, che spiega molto bene la differenza tra multicanalità e omnicanalità, è quello del negozio fisico che ha un sito web ma non ha una funzione di inventario condivisa. Da ciò si evince che il modello multichannel è incentrato più sul canale che sul cliente, quindi è facile per questo tipo di strategia perdere di vista il cliente e non fornire un’esperienza di acquisto integrata e coerente;
  • Omnichannel: è un’evoluzione del multicanale e prevede l’integrazione dei diversi punti di contatto per offrire ai clienti un’esperienza senza soluzione di continuità su tutti i canali. Questo significa che quando si passa da un canale all’altro, si mantiene lo stesso livello di servizio e le stesse funzionalità, senza percepire la differenza tra canali. L’obiettivo è quello di fornire un’esperienza completamente integrata e coerente ai clienti per migliorare la loro soddisfazione e fedeltà al brand. Un altro aspetto da non trascurare è che grazie all’integrazione dei dati e alla conoscenza del cliente su tutti i canali, le aziende possono offrire un’esperienza personalizzata in ogni fase del percorso di acquisto. In altre parole, la strategia omnichannel mette i clienti al centro dell’intero processo, offrendo una customer experience di alta qualità e aumentando le opportunità di vendita e di fidelizzazione.

Trasformazione digitale e ominicanalità: un binomio fondamentale

Trasformazione digitale e omnicanalità sono due concetti interconnessi che convergono per offrire ai clienti un’esperienza di alto livello e alle aziende opportunità di crescita e innovazione, garantendo una maggiore competitività e sostenibilità nel mercato.

Nel dettaglio, la trasformazione digitale riguarda l’integrazione e l’adozione di tecnologie digitali che contribuiscono a rendere i processi aziendali più efficienti e scalabili, permettendo di elaborare una grande quantità di dati in tempo reale per prendere decisioni migliori e implementare strategie più efficaci. L’obiettivo è rendere l’azienda più agile e flessibile per adattarsi rapidamente alle mutevoli esigenze del mercato.

Come si inserisce l’omnicanalità in questo contesto? La strategia omnicanale è un elemento chiave della trasformazione digitale poiché consente di integrare i diversi canali di comunicazione, vendita e assistenza per garantire una customer experience coerente e personalizzata su tutti i touchpoint. La digital transformation fornisce tutti gli strumenti che permettono di gestire in modo efficace i vari aspetti dell’omnicanalità, creando un circolo virtuoso che porta le performance aziendali a un livello superiore.

Ad esempio, l’uso di software di CRM o di piattaforme di e-commerce permette alle aziende di gestire meglio i dati dei clienti, offrire esperienze personalizzate, monitorare le interazioni con il brand e misurare la customer satisfaction. In più, l’automazione dei processi può garantire una gestione efficiente degli ordini, dei pagamenti e della logistica, indipendentemente dal canale utilizzato dal cliente.

In sintesi, la trasformazione digitale fornisce sia le basi tecnologiche necessarie che le competenze per attuare una strategia omnicanale, che rappresenta uno dei principali driver di successo per le aziende nel panorama attuale.

Fattura elettronica e presa visione: perchè è importante per la detrazione IVA

Fattura elettronica e presa visione: perchè è importante per la detrazione IVA

La presa visione della fattura elettronica per il diritto alla detrazione IVA

Con la Risposta a interpello n. 435 del 26 settembre 2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni sul “dies a quo, ossia l’esercizio del diritto alla detrazione IVA in relazione alle fatture elettroniche.

Il chiarimento si riferisce ai documenti depositati dal Sistema di Interscambio (SDI) nella sezione appositamente messa a disposizione e pone l’accento sul concetto di presa visione della fattura elettronica, un aspetto molto importante definito nell’articolo 19, comma 1, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.

L’Agenzia ha sintetizzato che il diritto alla detrazione matura con la presa visione della fattura -ossia il momento in cui il destinatario della fattura ne prende formalmente atto- sia essa effettiva o presunta.

Nel caso preso in esame dall’Agenzia delle Entrate, si parla di una società fondata nel 2019 che ha iniziato a sostenere costi significativi legati alla sua attività e a ricevere fatture passive solo durante l’anno fiscale 2021.

Nel corso dell’anno fiscale 2022, attraverso opportune verifiche sul proprio cassetto fiscale, nell’area dedicata a fatture e corrispettivi, la società ha scoperto che il Sistema di Interscambio (SdI) a causa di alcuni problemi tecnici che non avevano permesso la corretta consegna, aveva collocato alcune fatture relative all’anno fiscale 2021 nella cosiddetta area di “messa a disposizione“.

Tali fatture, delle quali la società aveva già ricevuto copie di cortesia via email, erano state emesse da operatori italiani, riguardavano prestazioni di servizio e sono state parzialmente pagate negli anni fiscali 2021 e 2022, poiché alcune risultano ancora oggi insolute.

La società chiede quindi all’Agenzia delle Entrate se sia possibile recuperare l’IVA sulle fatture relative all’anno fiscale 2021, depositate dallo SDI nell’area di ”messa a disposizionea partire dal momento in cui ne ha preso visione nel 2023, anche se sono state parzialmente pagate negli anni precedenti. Inoltre, considera l’opzione di richiedere la detrazione dell’IVA per determinati importi relativi a differenti anni fiscali, attraverso la presentazione di una Dichiarazione IVA integrativa per l’anno fiscale 2021 e includendo le fatture nel Modello IVA per il 2022.

Qual é la risposta dell’Agenzia delle Entrate?

Nella Risposta a interpello n. 435 del 26 settembre 2023, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che nel caso in cui il recapito al soggetto ricevente non fosse possibile, ovvero quando si verifica la situazione che vede lo SdI incapace di completare il processo di consegna della fattura elettronica direttamente al destinatario per problemi tecnici, il documento viene reso disponibile nell’area riservata del sito web dell’Agenzia.

In questo caso la data ufficiale della fattura, e di conseguenza il momento da cui è possibile detrarre l’IVA, coincide con la data in cui il destinatario prende visione della fattura all’interno della già citata area riservata. Ciò assicura che le fatture si possano considerare ricevute anche se si verificano dei problemi tecnici nella consegna.

Nonostante il contribuente avesse ricevuto copia delle fatture, ha ritardato la presa visione di queste, posticipando così il momento in cui inizia il diritto alla detrazione dell’IVA. Va inoltre aggiunto che in questo caso non sono state seguite le procedure previste in caso di mancato recapito delle fatture entro quattro mesi, così come indicato dal decreto legislativo.

Ne consegue che non è possibile estendere in modo arbitrario il periodo per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA fino al momento in cui si decide di prendere visione delle fatture.

Infatti, per esercitare tale diritto, è essenziale soddisfare due presupposti:

  • sostanziale: si riferisce all’esigibilità dell’imposta. Vuol dire che l’IVA diventa detraibile solo quando è effettivamente dovuta;
  • formale: si riferisce alla necessità di possedere la fattura relativa alla transazione.

Nel caso specifico, poiché la società non ha agito nei tempi previsti, il termine per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA per le prestazioni relative al 2021 e al 2022 è ormai scaduto. Resta esclusa anche la possibilità di integrare le dichiarazioni relative a queste fatture, in quanto tale opzione è prevista solo in caso di ricezione tempestiva della documentazione, secondo la circolare n. 1/E del 2018.

Fatturazione elettronica Namirial: con FatturePlus è semplice e veloce

Gestire le fatture elettroniche è più semplice e veloce con FatturePlus di Namirial, la soluzione dedicata alla fatturazione elettronica tra privati (B2B) e verso la PA, che si adatta alle esigenze di una piccola impresa, di un professionista o di un commercialista che assiste più aziende e clienti allo stesso tempo.

FatturePlus dialoga con il sistema di interscambio (SDI) in modo facile, veloce e automatizzato, si può usare da Pc desktop, ma anche da tablet e smartphone. Genera fatture attive e passive, ordinarie o semplificate, e parcelle. Il software consente di gestire anche le anagrafiche clienti, fornitori e articoli e le tabelle IVA.

Grazie al pannello di controllo è possibile visualizzare l’andamento economico dell’attività in ogni momento e avere sotto controllo i dati relativi alle fatture emesse e ricevute, agli incassi e ai pagamenti, aggiungere la firma elettronica alle fatture, gestire lo scadenzario, gli incassi e i pagamenti, personalizzare i template delle fatture.

FatturePlus consente di fornire l’accesso ai documenti direttamente al proprio commercialista, senza dover più consegnare nulla “a mano”. Le fatture elettroniche vengono inviate allo SDI in automatico, mentre via mail possono essere spedite ai clienti le fatture di cortesia.

Fatture Plus di Namirial è disponibile in due versioni:

1. FatturePlus Standard (al costo di 110 euro + IVA per il primo anno)

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime fiscale ordinario.

2. FatturePlus Forfettari (al costo di 48 euro + IVA per il primo anno e in promozione fino al 31 gennaio 2024 a 14,90 euro + IVA per il primo anno)

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime dei minimi e forfettari.

Vuoi gestire la fatturazione elettronica tramite POS? Scopri l’offerta compatibile solo con POS PAX A910 in promo a 299 euro + IVA all’anno invece di 422 euro.

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TISAX, la sicurezza delle informazioni nell’automotive

Ingegneri ed esperti di sicurezza delle informazioni eseguono auditing TISAX in un'azienda automotive.

Cos’è TISAX

TISAX (Trusted Information Security Assessment eXchange) è un meccanismo di auditing e valutazione che, adottando criteri uniformi, consente di valutare il livello di sicurezza delle informazioni presente nelle aziende del settore automotive (case automobilistiche, ma anche tutto l’indotto). Il meccanismo consente poi a ciascuna azienda di condividere l’esito della valutazione con altre aziende.

Chi rilascia la certificazione TISAX

La valutazione TISAX nasce su iniziativa della VDA (Verband der Automobilindustrie), un’associazione che rappresenta l’industria automobilistica tedesca e raggruppa case automobilistiche come BMW, Mercedes-Benz, Volkswagen e Opel e aziende di componentistica. VDA fa poi parte di ENX, un’associazione europea che raggruppa case automobilistiche, fornitori e associazioni di categoria. ENX funge da Authority per le aziende che vogliono essere valutate e da organismo di accreditamento per i soggetti autorizzati a svolgere l’audit e rilasciare le valutazioni.

Catena di montaggio del settore automotive interessata alla sicurezza delle informazioni TISAX.

A cosa serve la certificazione Tisax

Ogni azienda gestisce quotidianamente una mole considerevole di dati, sia interni che relativi ai soggetti con cui entra in contatto, preoccupandosi di tenerli al sicuro e protetti da soggetti non autorizzati. La sicurezza delle informazioni è un tema già affrontato dallo standard internazionale ISO/IEC 27001, che tuttavia è generico per tutti i settori produttivi. La certificazione TISAX, che non è uno standard vero e proprio e in parte si ispira alla ISO/IEC 27001, è invece un modello di auditing e valutazione del grado di sicurezza delle informazioni ritagliato sulle esigenze specifiche delle aziende automotive. TISAX si basa su una check list messa a punto dal gruppo di lavoro VDA (VDA-ISA Information Security Assessment) che copre i requisiti di sicurezza delle informazioni condivisi dalle industrie automobilistiche.

Come si valuta la sicurezza delle informazioni nel settore automotive

Il processo di valutazione TISAX prevede che, in maniera volontaria, un’azienda si iscriva all’associazione ENX, scegliendo l’organismo accreditato da cui ottenere l’audit. Al termine dell’audit, l’organismo accreditato, seguendo la check list, per ciascuno degli indicatori previsti stabilisce qual è il grado di sicurezza delle informazioni riscontrato all’interno dell’azienda. La valutazione di ciascun indicatore viene fatta secondo una scala di valore da 0 a 5, dove 0 indica che non esiste un processo aziendale per raggiungere l’obiettivo espresso dall’indicatore oppure quel processo esiste, ma non produce i risultati richiesti.

L’audit che viene svolto in un’azienda può essere di tre livelli:

  • Livello 1: in questo caso è l’azienda stessa che si autovaluta, compilando la check list con le informazioni richieste.
  • Livello 2: l’organismo che effettua l’audit esegue una verifica di plausibilità dell’autovalutazione svolta dall’azienda. La verifica avviene acquisendo documenti o svolgendo interviste, generalmente da remoto, ma che all’occorrenza possono svolgersi anche in azienda.
  • Livello 3: in questo caso l’organismo che effettua l’audit esegue una verifica approfondita, che prevede sempre una visita fisica nella sede dell’azienda.

Cruscotto di un'auto con display digitale per la sicurezza delle informazioni TISAX nel settore automotive.

Autenticazione multi-fattore e TISAX

Nella check list di valutazione del livello di sicurezza delle informazioni, diversi indicatori individuano nell’autenticazione multifattore (o MFA, multi-factor authentication) un elemento richiesto per ottenere un giudizio positivo in fase di audit.

In particolare, questi indicatori riguardano:

  • come è suddivisa la responsabilità tra i fornitori di servizi IT esterni e la propria organizzazione;
  • come è regolato il telelavoro;
  • in che modo avviene l’accesso degli utenti ai propri servizi, sistemi e applicazioni;
  • il livello di sicurezza nella gestione degli account degli utenti e delle informazioni di login.

In tutti questi casi, avere all’interno della propria azienda un sistema di autenticazione multi-fattore degli utenti significa poter ottenere un giudizio positivo su questi specifici indicatori.

SafeAccess di Namirial per un accesso sicuro ai dati aziendali

Per superare l’audit TISAX ottenendo il riconoscimento di un elevato livello di sicurezza nella gestione degli accessi ai propri sistemi aziendali, uno strumento efficace e di facile implementazione è SafeAccess, la piattaforma Namirial per l’autenticazione passwordless, progettata per garantire l’accesso sicuro alle postazioni e agli applicativi basandosi su standard FIDO2 e sulla PKI (Public Key Infrastructure).

Con SafeAccess ogni dipendente può accedere in sicurezza alla postazione di lavoro scegliendo in base alle proprie preferenze il secondo fattore di autenticazione (smartphone, badge, dispositivo FIDO, smart card di firma o token USB).

SafeAccess raccoglie gli eventi di accesso e uso dei sistemi informatici aziendali nel rispetto del GDPR. La suite è composta da cinque componenti, che si possono installare anche singolarmente. In caso di dispositivi di accesso dimenticati o smarriti, la suite dispone di diverse alternative per consentire l’accesso dell’utente ai sistemi aziendali.

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Come sta evolvendo la profilazione con la privacy a pagamento

Come sta evolvendo la profilazione con la privacy a pagamento

Privacy a pagamento su Meta: quali sono le novità?

In un mondo dove la digitalizzazione ha raggiunto livelli sempre più elevati, il concetto di privacy sta diventando sempre più importante. La condivisione dei dati personali è ormai diventata la norma, con social media e piattaforme online che richiedono una vasta quantità di informazioni per fornire ai loro utenti esperienze personalizzate.
La riservatezza occupa quindi un ruolo di primo piano nel dibattito intorno al tema della protezione dei dati e il suo valore è riconosciuto dalle leggi sulla privacy di molti paesi, come il Regolamento Europeo GDPR.

Ma quanto vale esattamente la nostra privacy? E come sta evolvendo il concetto di profilazione in relazione al diritto alla privacy? Qual è il prezzo giusto per impedire alle aziende che i dati personali siano utilizzati per le pubblicità? È meglio pagare un abbonamento annuale a una VPN o modificare le impostazioni della privacy su ogni singolo sito web che visitiamo?

Queste domande sono diventate sempre più rilevanti, soprattutto dopo la decisione comunicata da Meta attraverso una nota pubblicata lo scorso 30 ottobre in cui il colosso di Menlo Park ha messo in evidenza un cambiamento nella propria politica sulla privacy.

L’azienda ha infatti annunciato che d’ora in avanti offrirà ai cittadini dell’Unione Europe, del SEE e della Svizzera la possibilità di pagare un abbonamento mensile per utilizzare Facebook e Instagram senza che siano costretti a vedere gli annunci che comunemente inondano i feed degli utenti. In alternativa, si potranno utilizzare questi servizi gratuitamente continuando a vedere gli annunci pubblicitari.

Indipendentemente dal luogo di acquisto, l’abbonamento si applicherà a tutti gli account Facebook e Instagram collegati nell’Accounts Center e il costo sarà di 9,99 euro al mese su Pc e di 12,99 euro al mese per gli smartphone iOS e Android. Come accade per molti abbonamenti online, i prezzi per iOS e Android terranno conto delle commissioni applicate da Apple e Google attraverso le rispettive politiche di acquisto.

Inoltre, fino al 1° marzo 2024, l’abbonamento iniziale coprirà tutti gli account collegati all’Accounts Center, mentre dopo questa data per ogni account aggiunto al profilo utente sarà applicato un costo supplementare di 6 euro al mese su Pc e di 8 euro al mese su iOS e Android.

Sia che le persone scelgano di utilizzare i prodotti Meta gratuitamente con gli annunci, sia che si abbonino per non vederli più, l’azienda statunitense ha assicurato che continuerà a impegnarsi per mantenere le informazioni private e sicure, nel rispetto delle politiche aziendali e del Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE che in termini di sicurezza informatica e rispetto della privacy stabilisce standard molto elevati.

Nuova privacy policy di Meta: è giusto pagare per la privacy?

Dopo l’annuncio di Meta, gli utenti hanno iniziato a visualizzare un pop-up in cui si chiede la loro preferenza riguardo alla nuova privacy policy relativa ai servizi Facebook e Instagram.

Alle persone viene chiesto se vogliono rifiutare il tracciamento e altri trattamenti dei propri dati personali a fini pubblicitari, a fronte del pagamento di un abbonamento mensile, o se accettano il tracciamento e altri trattamenti dei propri dati personali per la pubblicità mirata, ma utilizzando gratuitamente i servizi.

Ma è giusto pagare per un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti? Secondo il BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateurs), vale a dire il più grande gruppo europeo per i diritti dei consumatori, la risposta è no. Per questo ha presentato la scorsa settimana un reclamo contro Meta alla rete di autorità dell’UE per la tutela dei consumatori, definendo l’approccio dell’azienda ingiusto e accusandola di utilizzare pratiche sleali, ingannevoli e aggressive.

Per comprendere perché il modello proposto da Meta non sembra compatibile con il sistema di diritti attualmente in vigore nell’UE è necessario approfondire cosa dice la normativa. L’articolo 25 del GDPR prevede il noto principio di privacy by default, ossia che per impostazione predefinita non sia svolto un trattamento di dati personali ulteriore rispetto a quello minimo necessario.

Dal momento che i servizi offerti dalle piattaforme social si basano sulla profilazione degli utenti, le soluzioni sono due, come evidenziato dall’avvocato Enrico Pelino in un articolo pubblicato sul sito web di Agenda Digitale: o viene abrogata la norma citata e si fanno pagare i servizi offerti dai social oppure non sarà possibile rispettare il principio sancito dall’art. 25 del GDPR. Questo perché, come evidenziato dall’avvocato Pelino, “la profilazione by default costituisce l’ossimoro della data protection by default“.

In aggiunta, va ricordato che l’articolo 6 del GDPR, altro pilastro normativo in materia di protezione dei dati personali, stabilisce che la profilazione è un trattamento che può essere effettuato solo se c’è il consenso da parte dell’interessato. Un consenso che, va ricordato, per sua natura deve essere libero, informato e revocabile per considerarlo legittimo.

Ciò entra in contrasto con l’approccio di Meta che, nonostante prometta di rispettare le scelte dell’utente, gli propone un’unica alternativa: accettare il tracciamento o pagare. Tuttavia, il GDPR vieta espressamente, come indicato all’art 7.4, di subordinare un servizioalla prestazione del consenso al trattamento di dati personali non necessario alla sua esecuzione”. In altre parole, ciò significa che un consenso ottenuto a queste condizioni non è valido e quindi risulta essere illegittimo.

Ne consegue che, ai fini di una profilazione by default non è possibile far leva sulla base giuridica dell’interesse legittimo, non essendo per definizione “legittimo” un interesse in contrasto con la normativa, ossia con l’art. 25.

In definitiva, l’alternativa proposta da Meta sembra essere in contrasto con i principi stabiliti dal GDPR, che mira ad aumentare la trasparenza e il controllo degli utenti sui propri dati personali. Il solo modo per aggirare la normativa sarebbe quindi quello di abrogare alcuni dei suoi principi fondamentali, come gli articoli 25, 6 e 7.4, ma la privacy non può essere considerata un servizio premium: è un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti, senza alcuna forma di discriminazione.

BIM per l’Edilizia 4.0: modellazione e computo metrico integrati con Namirial Regolo BIM

BIM per l'Edilizia 4.0: modellazione e computo metrico integrati con Namirial Regolo BIM

Progettazione BIM: una rivoluzione per il settore dell’edilizia

Il BIM (Building Information Modeling) è una tecnologia che sta rivoluzionando il modo di progettare, costruire e gestire gli edifici. Non si tratta semplicemente di un nuovo formato di rappresentazione 3D o di un software, ma di un approccio integrato e multidisciplinare che permette di creare un modello informativo condiviso, contenente tutte le informazioni utili per ogni fase del ciclo di vita dell’edificio.

In particolare, nel settore dell’edilizia, il BIM sta diventando sempre più indispensabile per una progettazione efficiente, sostenibile e in linea con le nuove normative. Grazie alla sua capacità di integrare informazioni provenienti da diverse fonti, il BIM consente di ottimizzare i processi di progettazione e costruzione, riducendo tempi e costi e garantendo una maggiore qualità del prodotto finale.

Ma cosa significa concretamente progettare in BIM per l’edilizia? Innanzitutto, si tratta di adottare una metodologia di lavoro basata su un modello 3D condiviso, che contiene tutte le informazioni relative all’edificio: dalla geometria agli impianti, dai materiali alle prestazioni energetiche, fino alla gestione e manutenzione.

Il modello, che viene aggiornato in ogni fase del progetto, coinvolgendo tutte le figure professionali coinvolte, dalla progettazione architettonica a quella esecutiva, facilita l’analisi e la simulazione di diversi scenari durante la fase di progettazione, consentendo di ottimizzare il design e di prendere decisioni informate. Questo è un aspetto particolarmente importante nell’ambito dell’edilizia 4.0, dove la tecnologia gioca un ruolo chiave nell’ottimizzazione dei processi e nella creazione di edifici intelligenti e sostenibili. Inoltre, l’uso di questo strumento garantisce una maggiore coordinazione e collaborazione tra i diversi attori del processo edilizio.

Il BIM rappresenta una grande opportunità per l’edilizia, in quanto permette di superare le limitazioni del tradizionale sistema di progettazione basato su disegni tecnici bidimensionali. Grazie al modello 3D, è possibile visualizzare e valutare ogni singolo aspetto dell’edificio in modo rapido ed efficace, facilitando la presa di decisioni e riducendo al minimo eventuali errori o incongruenze.

Modellazione e computo metrico con Namirial Regolo BIM

Edilizia Namirial sviluppa software per l’edilizia e servizi progettati per la costruzione di strutture pubbliche e private, offrendo soluzioni sempre aggiornate, al passo con le normative e sviluppate per facilitare il lavoro del professionista.

Tutti i programmi Namirial si integrano perfettamente nel mondo BIM edilizia evidenziando la forte interoperabilità, la grande flessibilità e l’enorme semplicità di lettura del progetto.

Uno dei prodotti più potenti, precisi e affidabili del sistema Namirial dedicato all’edilizia è Namirial Regolo BIM che si integra totalmente con Archicad attraverso specifico AddOn e consente di automatizzare il completo processo di determinazione dei costi a partire dal modello BIM.

Ciò permette di ridurre sensibilmente la possibilità di errore nella computazione e offre la certezza di una totale sincronizzazione sia con il modello creato (in formato Archicad nativo) che con quello importato in formato IFC

La live connection tra Archicad e Regolo BIM permette l’integrazione bidirezionale tra i software e questo aspetto migliora e accelera il lavoro del professionista che esegue il computo metrico e la contabilità senza il rischio di sbagliare o di perdere informazioni, riducendo tempi ed errori con un conseguente incremento di efficienza, produttività e qualità nel lavoro.

Regolograzie all’AddOn sviluppato per Archicad, genera misurazioni certe e in tempo reale, in quanto provenienti direttamente dal modello BIM e consente di determinare contestualmente il costo di ogni singola entità del progetto aggiornando il computo metrico a ogni modifica effettuata sul modello. La compilazione del computo avviene in modo automatico attraverso regole di computazione di tipo parametrico.

costi delle diverse soluzioni progettate possono essere analizzati in tempo reale grazie al costante collegamento tra le voci di elenco e le entità del modello, mentre tutte quelle voci non direttamente collegabili al modello BIM potranno essere integrate nel computo esecutivo all’interno di Regolo.

Se non si è in possesso di Archicad e si desidera una progettazione nativamente integrata, che garantisca la possibilità di coniugare la modellazione architettonica BIM e la contabilità, compilando questo modulo di contatto si potranno ricevere maggiori informazioni sulla proposta Namirial che unisce a una modellazione di eccellenza, una progettazione in tempo reale di qualità e la professionalità di un’azienda leader nel settore dell’edilizia.

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