Le linee guida per la protezione dei dati personali secondo EDPB e EDPS

Le linee guida per la protezione dei dati personali secondo EDPB e EDPS

Dato personale: che cos’è e come si identifica

In una società iperconnessa come quella in cui viviamo, sempre più informazioni sono condivise, tra di noi e con i fornitori dei servizi che usiamo. Con la diffusione e l’uso sempre più massiccio delle tecnologie, nuovi dati personali si sono aggiunti a quelli tradizionali. Come i dati relativi alle comunicazioni elettroniche che svolgiamo quando navighiamo in Internet o usiamo il nostro smartphone, oppure come i dati che consentono la geolocalizzazione, fornendo informazioni sulla nostra posizione, i nostri spostamenti e i luoghi che frequentiamo.

Questa nuova categoria di dati personali ha assunto un peso rilevante in tema di privacy. La protezione dei dati personali è diventata una priorità che impone di adottare le giuste misure per garantire a tutti noi i diritti e le libertà fondamentali, in particolare quella alla riservatezza. Allo stesso tempo, la presenza di regole per la protezione dei dati personali e la necessità di doverle rispettare favoriscono l’innovazione nel settore dei servizi digitali.

Che cosa si intende, esattamente, per dati personali? L’articolo 4 del GDPR fornisce una definizione di dato personale e spiega che si tratta di “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale“.

Un ulteriore approfondimento, che aiuta a comprendere meglio di che cosa si parla quando si fa riferimento a un dato personale, lo offre il Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP), l’autorità amministrativa indipendente istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675.

Per il GPDP sono particolarmente importanti:

  • i dati che permettono l’identificazione diretta: fanno parte di questo gruppo i dati anagrafici, come nome e cognome, e le immagini;
  • i dati che permettono l’identificazione indiretta: tra questi rientrano gli indirizzi IP, il codice fiscale e il numero di targa;
  • i dati rientranti in particolari categorie: vale a dire i cosiddetti dati sensibili, ossia quelli che rivelano l’origine razziale o etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche e l’appartenenza sindacale, oltre a quelli legati alla salute o alla vita sessuale. Il GDPR include in questa classe anche i dati genetici, i dati biometrici e quelli sull’orientamento sessuale;
  • i dati relativi a condanne penali e reati: si tratta dei cosiddetti dati giudiziari, cioè quelli che possono essere usati per verificare l’esistenza di determinati provvedimenti giudiziari soggetti a iscrizione nel casellario giudiziale, come i provvedimenti penali di condanna definitivi e le misure alternative alla detenzione. Il GDPR (Regolamento UE 2016/679) include in questi dati quelli relativi a condanne penali, reati o misure di sicurezza connesse.

Dati personali e privacy: perché è importante proteggerli?

Aziende e singole persone devono essere consapevoli dei rischi legati alla mancata protezione dei dati personali che trattano, adottando misure adeguate per prevenirne la violazione e l’abuso, allo scopo di aumentare la fiducia nel mondo digitale.

Ecco alcune ragioni principali che fanno della data privacy un argomento di primaria importanza nel contesto della cyber security:

  • privacy e prevenzione del furto di identità: proteggendo adeguatamente le informazioni personali si evita un loro uso improprio da parte di malintenzionati, che potrebbero sfruttarli per commettere reati informatici, come il furto di identità o l’accesso non autorizzato a conti bancari e account online;
  • sicurezza finanziaria: le informazioni finanziarie personali, come i numeri di carta di credito, i conti bancari e i numeri di previdenza sociale, sono particolarmente sensibili e la loro protezione è fondamentale per prevenire transazioni non autorizzate e frodi finanziarie.
  • protezione della reputazione: la perdita o la divulgazione non autorizzata di informazioni personali può avere conseguenze sia sulla riservatezza che sulla reputazione degli individui e delle aziende. I danni di un data breach possono essere estremamente gravi, dalla perdita di affari o clienti al danno di immagine, passando anche per sanzioni imposte dagli organismi preposti alla regolamentazione della privacy;
  • adempimento degli obblighi normativi: l’adeguata protezione dei dati personali è fondamentale per essere conformi alle leggi in materia, come il GDPR che impone una serie di misure volte a tutelare i diritti degli individui in materia di privacy. La mancata conformità può comportare sanzioni legali e multe significative.

Cosa dice la versione 2.0 delle Linee Guida dell’EDPB?

L’European Data Protection Board (EDPB), in italiano Comitato europeo per la protezione dei dati, è un organismo europeo indipendente il cui scopo è garantire un’applicazione coerente del GDPR e promuovere la cooperazione tra le autorità di protezione dei dati dell’UE. Sotto la sua egida si riuniscono le autorità nazionali di controllo dei paesi dello Spazio Economico Europeo, nonché il Garante europeo della protezione dei dati (European Data Protection Supervisor – EDPS).

Nella versione 2.0 delle Linee Guida 9/2022, in merito alla gestione e alla notifica della violazione di dati personali, l’EDPB ha chiarito che sebbene sia compito dei responsabili del trattamento e degli incaricati del trattamento mettere in atto misure adeguate per prevenire, reagire e affrontare una violazione, vi sono alcune misure pratiche che dovrebbero essere adottate in tutti i casi:

  • le informazioni relative a tutti gli eventi legati alla sicurezza devono essere rese note a una o più persone responsabili che abbiano il compito di affrontare gli incidenti, stabilire l’esistenza di una violazione e valutare il rischio;
  • il rischio per le persone a seguito di una violazione deve essere valutato (probabilità di assenza di rischio, rischio o rischio elevato), informando i settori dell’organizzazione interessati;
  • la notifica all’autorità di vigilanza e, potenzialmente, la comunicazione della violazione ai singoli interessati devono essere effettuate, se necessario;
  • allo stesso tempo, il responsabile del trattamento deve agire per contenere e recuperare la violazione. La documentazione della violazione dovrebbe avvenire man mano che questa si sviluppa.

È quindi chiaro che il responsabile del trattamento ha l’obbligo di agire sulla base di qualsiasi segnalazione iniziale e di stabilire se si sia effettivamente verificata una violazione. Una volta che ha una ragionevole certezza della violazione deve adottare tutte le misure necessarie per risolverla. Inoltre, deve notificare l’evento all’autorità di controllo senza ritardi indebiti.

Se un responsabile del trattamento non agisce in modo tempestivo e diventa evidente che si è verificata una violazione, ciò potrebbe essere considerato come una mancata notifica ai sensi dell’articolo 33 del GDPR.

Emissione e ricezione fatture elettroniche: quali sono le regole

Emissione e ricezione fatture elettroniche: quali sono le regole

Fatturazione elettronica: dal documento cartaceo a quello digitale

Le fatture elettroniche sono un elemento fondamentale della contabilità di qualsiasi impresa. Permettono di sostituire le tradizionali fatture cartacee con documenti digitali che possono essere conservati più facilmente e che presentano una migliore tracciabilità nella gestione finanziaria dell’azienda.

Dal 1° gennaio 2019 tutte le fatture emesse, a seguito di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia, devono essere emesse solo ed esclusivamente in formato elettronico. L’obbligo di fattura elettronica, introdotto dalla Legge di Bilancio 2018, vale sia in ambito B2CBusiness to Consumer, ossia verso un consumatore finale-, che in ambito B2BBusiness to Business, cioè verso un altro soggetto IVA-.

A partire dal 1° luglio 2022, invece, come riportato nella circolare datata 4 ottobre 2022 Fattura elettronica tra fine del periodo transitorio e pagamento dell’imposta di bollo di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, l’obbligo di fatturazione elettronica è stato esteso anche a chi rientra nel regime forfettario e nel regime dei minimi se nell’anno precedente ha superato ricavi e compensi per un ammontare di 25.000 euro. Dal 2024 questa clausola cadrà e tutti gli operatori economici che si avvalgono dei predetti regimi saranno tenuti a emettere fattura elettronica.

Sono invece esclusi dall’obbligo coloro che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi, ragguagliati ad anno, inferiori a 25.000 euro, i soggetti che erogano prestazioni sanitarie e i piccoli produttori agricoli.

La fattura elettronica si differenzia da una fattura cartacea sostanzialmente per due aspetti:

  1. Deve essere necessariamente redatta utilizzando un pc, un tablet o uno smartphone;
  2. Deve essere trasmessa elettronicamente al cliente tramite il Sistema di Interscambio (SdI), una specie di postino virtuale che gestisce le comunicazioni tra fornitori e clienti.

Il Sistema di Interscambio verifica che la fattura contenga i dati obbligatori ai fini fiscali, oltre all’indirizzo PEC del destinatario al quale deve essere inviato il documento. Inoltre, controlla che la partita Iva del cedente/prestatore e quella del cessionario/committente, o il codice fiscale, esistano.

Se i controlli danno esito positivo, il Sistema di Interscambio consegna in modo sicuro la fattura al destinatario e comunica al fornitore, tramite una “ricevuta di recapito”, la data ricezione fattura elettronica e l’ora di consegna, garantendo la tracciabilità documentale.

Emissione fattura elettronica: come si predispone, invia e riceve l’e-fattura

In base a quanto previsto dall’art. 21 del D.p.r. n. 633/72, “la fattura, cartacea o elettronica, si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente“. Per quanto concerne le fatture elettroniche, l’emissione del documento avviene quando quest’ultimo viene trasmesso tramite il Sistema di Interscambio. In altre parole, la data di emissione corrisponde alla data di trasmissione o invio al Sistema di Interscambio.

Per predisporre una fattura elettronica è necessario disporre di un pc, un tablet oppure uno smartphone e di un software di fatturazione elettronica. Una volta compilato, il documento deve essere firmato digitalmente tramite firma elettronica qualificata e inviato al destinatario mediante il Sistema di Interscambio che, dopo i controlli automatici, provvede a recapitare la e-fattura al soggetto privato a cui è indirizzata o alla Pubblica Amministrazione.

Il termine di emissione delle fatture elettroniche dipende dal tipo di documento che si ha intenzione di emettere:

  • Fattura immediata: va emessa entro 12 giorni dalla conclusione dell’operazione a cui si riferisce (vendita di un prodotto o prestazione di un servizio);
  • Fattura differita: può essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione.

Nei casi di tardiva emissione della e-fattura si applica la sanzione di cui all’art. 6 comma 1 del D.Lgs. n. 471/97, corrispondente a un importo, per ciascuna violazione:

  • Tra il 90 e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato (con un minimo di 500 euro);
  • Da 250 a 2.000 euro se la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.

Va inoltre ricordato che l’art. 6 del Dm 17 giugno 2014 disciplina l’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche. La guida messa a disposizione dell’Agenzia delle entrate, chiarisce che l’assolvimento dell’imposta di bollo sulla e-fattura avviene valorizzando a “SI” il campo Bollo virtuale contenuto all’interno del tracciato record della fattura elettronica.

Periodicamente, l’importo complessivo dell’imposta di bollo relativa alle fatture elettroniche deve essere versato mediante presentazione di modello F24.

Una volta ricevuta la fattura dal fornitore o dal suo intermediario, e in caso di esito positivo dei controlli previsti, lo SdI consegna la fattura elettronica all’indirizzo telematico presente nel documento e, quindi, alla casella PEC indicata dal cliente.

Fattura Elettronica Namirial, la soluzione semplice e veloce

Gestire le fatture elettroniche è più semplice e veloce con FatturePlus di Namirial, la soluzione dedicata alla fatturazione elettronica tra privati (B2B) e verso la PA, che si adatta alle esigenze di una piccola impresa, di un professionista o di un commercialista che assiste più aziende e clienti allo stesso tempo.

Dialoga con il sistema di interscambio (SDI) in modo facile, veloce e automatizzato. Fruibile da qualsiasi dispositivo, la soluzione Namirial per la fattura elettronica permette inoltre di gestire sia il ciclo attivo sia quello passivo. Genera fatture ordinarie, semplificate e parcelle. FatturePlus è più di una semplice applicazione di fatturazione elettronica: infatti gestisce anche l’anagrafica dei clienti, dei fornitori, degli articoli e le tabelle delle aliquote IVA.

Grazie al pannello di controllo è inoltre possibile visualizzare l’andamento economico dell’attività in ogni momento e avere sotto controllo i dati relativi alle fatture emesse e ricevute, agli incassi e ai pagamenti.

Ricapitolando, le funzionalità di FatturePlus Namirial permettono di:

  • Gestire senza difficoltà sia il ciclo attivo, sia quello passivo
  • Inviare e ricevere fatture PA e B2B
  • Emettere fatture ordinarie e semplificate in PDF
  • Aggiungere la firma elettronica automatica a ogni invio
  • Gestire l’anagrafica di clienti, fornitori e articoli
  • Gestire più codici IVA e i sezionali
  • Gestire lo scadenzario, gli incassi e i pagamenti
  • Personalizzare i template fatture

Ecco quali sono i principali vantaggi di FatturePlus Namirial:

  • Facile da usare: l’interfaccia web di FatturePlus è stata studiata per garantire la migliore esperienza per l’utente. Nel pannello di controllo iniziale avrai la situazione degli incassi e dei pagamenti sempre visibile attraverso grafici. I menù intuitivi ti permetteranno di trovare in pochi click le funzioni che desideri.
  • Flessibile: personalizza in un attimo le fatture, inserendo il tuo logo e la tua intestazione. Collabora con il tuo commercialista fornendogli direttamente l’accesso ai documenti: non dovrai più consegnare nulla “a mano”. Le fatture elettroniche verranno inviate allo SDI in automatico e potrai spedire via mail le fatture di cortesia ai tuoi clienti.
  • Completo: FatturePlus memorizza i dati principali delle anagrafiche dei tuoi clienti e fornitori e crea in automatico il database della tua azienda. Tieni sempre sotto controllo la tua attività con la funzione della reportistica e sfrutta tutti i vantaggi del gestionale integrato.

Fatture Plus di Namirial è disponibile in due versioni:

1. FatturePlus Standard

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime fiscale ordinario;
  • 110,00 € +IVA per il primo anno.

2. FatturePlus Forfettari

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime dei minimi e forfettari;
  • 48,00 € +IVA per il primo anno.

Vuoi gestire la fatturazione elettronica tramite POS? Scopri l’offerta compatibile solo con POS PAX A910 in promo a 299 € + IVA all’anno invece di 422 €.

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Processo di onboarding digitale, i trend del 2023

I trend per il processo di onboarding digitale da tenere d'occhio nel 2023

Processo di onboarding digitale: perché è ancora troppo complesso?

Nel panorama aziendale odierno, sempre più dinamico, competitivo e influenzato dalle nuove tecnologie, è importante garantire un processo di onboarding efficiente e ben progettato, per garantire ai clienti un’esperienza ottimale.

Un onboarding lento e inefficiente potrebbe far perdere interesse ai clienti, spingendoli a scegliere prodotti o servizi di aziende concorrenti, compromettendo in tal modo la fidelizzazione verso la nostra azienda.

A offrire un interessante approfondimento sulla necessità di un processo di onboarding più snello e intuitivo, è il report The Battle to Onboard 2022 che ha preso in esame le opinioni di 7600 consumatori di 14 Paesi per identificare i principali problemi che oggi un’azienda deve affrontare per rispondere alle aspettative dei consumatori in materia di onboarding digitale.

Dai dati raccolti emerge che la pandemia ha spinto le persone a guardare al mondo online per le loro esigenze di acquisto, tuttavia i servizi digitali spesso si sono rivelati inadeguati e in molti casi continuano a non dare ai clienti ciò di cui hanno bisogno.

Infatti, il 68% dei consumatori ha abbandonato un’applicazione di onboarding nell’ultimo anno, contro il 63% del 2020, mentre il 92% è preoccupato per la privacy dei dati. Se ci si concentra in particolare sulla Gen Z, si scopre che le persone più giovani tendono ad avere una maggiore probabilità di abbandonare completamente il processo di onboarding se non funziona come si aspettano e ciò accade soprattutto tra coloro che provengono dall’Europa occidentale, settentrionale e meridionale.

Un altro dato particolarmente interessante è quello relativo al tempo medio di un processo di registrazione digitale che si attesta sui 15 minuti e 34 secondi, un intervallo che per l’utente può risultare troppo lungo e penalizzante ai fini dell’esperienza di acquisto.

La possibilità che serva più tempo del previsto per completare una semplice procedura di registrazione è uno dei motivi che spinge il cliente ad abbandonare il processo di onboarding, a cui si aggiunge il fatto che l’utente può cambiare idea o trovare la richiesta di informazioni personali troppo invasiva.

Considerando questi dati, possiamo dedurre che nei prossimi anni sarà fondamentale porre una particolare attenzione alla velocità e alla semplicità del processo di onboarding digitale per offrire un’esperienza di acquisto intuitiva ed efficace.

Le 5 tendenze dell’onboarding digitale nel 2023

Le continue e rapide innovazioni tecnologiche dei nostri tempi aumentano le aspettative dei clienti e impongono alle aziende di offrire livelli di qualità sempre più elevati.

Oggi, pertanto, riuscire a offrire un processo di onboarding digitale smart e intuitivo è una delle sfide chiave per le aziende, per rispondere alle esigenze di chi cerca prodotti o servizi online e risultare concorrenziali nel proprio mercato di riferimento.

Per un onboarding digitale efficiente e performante, le tendenze del 2023 sono le seguenti:

  1. Semplificare e mettere al centro il cliente: per rendere il digital onboarding agile e intuitivo, evitando possibili abbandoni, è necessario un approccio user-centric, focalizzandosi sull’esperienza utente e riducendo i passaggi richiesti per la registrazione. Questo vuol dire fornire un servizio facile da usare, guidare il cliente passo dopo passo, avere canali di comunicazione facilmente accessibili e rispondere rapidamente a qualsiasi domanda.
  2. Automazione per un onboarding senza ostacoli: chatbot e video tutorial possono creare un’esperienza di onboarding chiara e senza interruzioni, fornendo istruzioni chiare ed esaustive che aiutano l’utente a completare la procedura in minor tempo e gli consentono di concentrarsi sugli altri aspetti più critici dell’intero processo di acquisto. Tuttavia, i clienti apprezzano anche la possibilità di interagire con un addetto al customer service in caso di difficoltà. È quindi importante trovare il giusto equilibrio tra automazione e tocco umano.
  3. Sistemi di verifica solidi e sicuri: le aziende devono assicurarsi che l’onboarding online sia il più sicuro possibile, implementando soluzioni di autenticazione robuste e affidabili, a protezione dei dati e della privacy del cliente. Un buon modo per raggiungere l’obiettivo è integrare sistemi biometrici, come impronte digitali e riconoscimento facciale, e applicare regole di sicurezza avanzate, come la Strong Authentication, per ridurre il rischio di frodi e abusi.
  4. Integrare le tecnologie di IA e ML: Intelligenza Artificiale e Machine Learning possono essere integrate nell’onboarding digitale, aumentando il livello di personalizzazione dell’esperienza utente. Oltre a offrire un servizio più facile da usare e adattato alle esigenze specifiche del cliente, IA e ML innalzano la sicurezza del processo grazie alla loro capacità di riconoscere eventuali comportamenti anomali da parte dell’utente, chiedendogli ulteriori verifiche.
  5. Esperienza di onboarding omnichannel coerente: oggi il customer journey si è evoluto e nell’interazione con un brand gli utenti prediligono un’esperienza unificata che gli consenta di passare tra i vari punti di contatto (sito web, app, canali social) senza interruzioni e senza dover ripetere più volte le stesse azioni. Garantendo coerenza tra i vari canali, l’onboarding risulterà più semplice e immediato e sarà più facile per le aziende intercettare i clienti in ogni momento, ovunque si trovino lungo il loro percorso.

Chi è il Digital Trust Expert per la digitalizzazione aziendale?

Chi è il Digital Trust Expert per la digitalizzazione aziendale?

Che cos’è la digitalizzazione aziendale e quali vantaggi offre?

Il mondo intorno a noi è in continuo cambiamento, le modalità di lavoro tradizionali stanno cedendo il passo a quelle digitali ed è necessario essere pronti ad affrontare questa sfida. Oggi, un’azienda che non è in grado di adattarsi rapidamente a questa nuova realtà e non sa sfruttare le nuove tecnologie non solo rischia di rimanere indietro e di perdere la possibilità di competere con successo sul mercato, ma mette seriamente a rischio il suo futuro.

La digitalizzazione aziendale rappresenta quindi un passaggio chiave per la competitività di un’impresa, di qualsiasi settore e dimensione, che punta a crescere, innovare e ottimizzare i processi. Si tratta di una rivoluzione che coinvolge tutte le aree aziendali, consentendo di sfruttare l’ampia gamma di strumenti digitali a disposizione e di migliorare la produttività.

Un’azienda digitale è quella che attraverso l’adozione di tecnologie dirompenti, come i big data, l’Intelligenza Artificiale, la blockchain e l’Internet of Things, può accelerare la propria crescita, ottimizzare i costi, innalzare l’efficienza e offrire ai propri clienti servizi di qualità superiore.

In altre parole, la digitalizzazione dei processi aziendali segna il passaggio dalle modalità tradizionali di gestione del business a un approccio più agile, flessibile e orientato alle performance, consentendo la condivisione, l’archiviazione, il trasferimento e l’uso di documenti e informazioni in modo più sicuro per tutti i soggetti coinvolti.

Ciò permette di prendere decisioni più rapide, basate su dati accurati e precisi, e promuove una maggiore collaborazione tra le persone all’interno dell’azienda, favorendo così la nascita di nuove idee e soluzioni che possono contribuire a rendere l’impresa un punto di riferimento nel suo settore e aprirle le porte di nuovi mercati.

In questo scenario, diventa fondamentale l’intervento di una figura professionale come il Digital Trust Expert che, attraverso le sue competenze specifiche nel campo della sicurezza digitale e dell’innovazione tecnologica, è in grado di garantire l’integrità e la protezione di tutte le attività aziendali, guidando l’azienda in questo importante percorso di trasformazione culturale, nel pieno rispetto della sicurezza, delle normative vigenti e dei diritti fondamentali di tutti i soggetti coinvolti.

Chi è il Digital Trust Expert?

Il Digital Trust Expert è la figura che si pone al centro del percorso di Digital Transformation di un’azienda. È infatti colui che conosce leggi, normative, tecniche e tecnologie per mettere in sicurezza l’intero sistema informativo e creare il giusto equilibrio tra la digitalizzazione dei processi aziendali e la tutela della privacy.

Si tratta di un esperto che sa come gestire le complesse dinamiche relative alla sicurezza informatica, all’analisi del rischio e alla compliance normativa -deve quindi accertarsi che tutti i processi aziendali siano protetti e conformi alle leggi vigenti, come il GDPR– in modo da assicurare la tutela dei dati, garantire un elevato grado di affidabilità e massimizzare l’efficienza e le prestazioni del sistema informativo.

Questo professionista è quindi un digital expert capace di costruire un ambiente di lavoro sicuro, innovativo e orientato al successo dal punto di vista dei risultati, dove la Digital Trust, ovvero la “fiducia digitale” assume un ruolo di primo piano nell’ottica della crescita aziendale.

Ma che si intende esattamente con fiducia digitale? Stando alla definizione fornita dal World Economic Forum, con Digital Trust si indica “l’aspettativa degli individui che le tecnologie e i servizi digitali – e le organizzazioni che li forniscono – proteggano gli interessi di tutte le parti interessate e sostengano le aspettative e i valori della società“.

La fiducia digitale implica la creazione di una solida reputazione online, la costruzione di un alto livello di credibilità, l’adozione di servizi sicuri e affidabili e il rispetto della privacy degli individui. Questo vuol dire implementare misure di sicurezza per la protezione dalle minacce informatiche, garantire una maggiore trasparenza sulle modalità di raccolta e utilizzo dei dati dei clienti e garantire che tutte le interazioni online avvengano senza attriti o imprevisti.

Ne consegue che la Digital Trust è a tutti gli effetti un elemento critico nella digitalizzazione aziendale poiché rappresenta un’opportunità per attirare potenziali clienti, fidelizzare quelli esistenti e trarre vantaggio da una gamma più ampia di servizi e prodotti.

In questo senso, la figura del Digital Trust Expert diventa indispensabile per garantire che tutti i processi aziendali digitalizzati si svolgano in sicurezza, nel rispetto dei più alti standard di qualità e delle normative vigenti in materia di privacy.

I quattro pilastri della Digital Trust

Il processo di digitalizzazione aziendale è un percorso complesso che richiede un approccio articolato e sistematico che tenga conto dei quattro pilastri fondamentali della Digital Trust per affrontare con successo le sfide che si presentano in questo ambito.

Vediamo più nel dettaglio quali sono le colonne portanti della Digital Trust per meglio comprendere l’importanza del percorso di trasformazione digitale:

  1. sicurezza: le persone devono sentirsi sicure quando interagiscono online e questo vuol dire proteggere i loro dati e le informazioni personali dalle minacce informatiche, utilizzando sistemi come la crittografia, che assicura la riservatezza di tutte le comunicazioni;
  2. trasparenza: le persone devono sapere come verranno raccolti, archiviati e utilizzati i loro dati personali. Le aziende devono essere trasparenti sulle loro pratiche di raccolta delle informazioni e fornire politiche sulla privacy chiare e concise che delineino le modalità di gestione dei dati;
  3. affidabilità: i clienti vogliono poter contare su un’azienda che mantiene le promesse e questo vuol dire dare informazioni accurate e puntuali, offrire un servizio di qualità superiore e un supporto eccellente in caso di problemi;
  4. eser experience: se le persone hanno una buona esperienza quando interagiscono con l’azienda, cioè se i servizi sono facili da usare e intuitivi, il sito web è veloce, le pagine si caricano velocemente e le transazioni sono sicure e protette, l’azienda acquista maggiore affidabilità e credibilità agli occhi della clientela.

Digitalizzazione Italia: cosa dice l’indice DESI 2022

Digitalizzazione in Italia: ecco cosa ci dice l'indice DESI

Qual è lo stato di digitalizzazione in Italia?

Il percorso di digitalizzazione di dati e processi è ormai un elemento chiave di sviluppo economico e sociale. Il digitale produce molti vantaggi, tra cui una maggiore efficienza operativa e una migliore accessibilità ai servizi, che possono  contribuire ad aumentare la produttività e la competitività.

Per misurare l’avanzamento della digitalizzazione nei vari Paesi, nel 2014 la Commissione Europea ha introdotto l’indice DESI (Digital Economy and Society Index). L’obiettivo principale di questo indice è quello di misurare i progressi compiuti dai Paesi dell’UE al fine di convergere verso un mercato digitale unico.

Ogni anno le relazioni DESI comprendono profili nazionali, che aiutano gli Stati membri a individuare i settori su cui intervenire, e capitoli tematici, che offrono un’analisi a livello europeo delle principali aree digitali, essenziali per sostenere le decisioni politiche.

La Commissione europea ha evidenziato che durante gli anni della pandemia COVID-19, tutti gli Stati membri hanno fatto progressi significativi verso la digitalizzazione. Ciononostante, persistono delle lacune che hanno bisogno di essere colmate nelle competenze digitali, nella trasformazione digitale delle PMI e nell’introduzione di reti 5G avanzate.

Allo scopo di sostenere la trasformazione digitale, l’UE ha deciso di investire significative risorse finanziarie dei PNRR nazionali, dedicate a riforme e investimenti legati al digitale. L’obiettivo è eliminare il divario digitale, sostenere l’innovazione, aumentare la resilienza dell’UE e ridurre le dipendenze tecnologiche esterne.

Che cos’è il DESI e come funziona?

I risultati del DESI sono la sintesi di differenti indicatori che misurano le prestazioni digitali dell’Europa e consentono di avere un quadro completo sui passi in avanti compiuti dai Paesi UE nel percorso di digitalizzazione.

Nel report DESI 2022, che si basa sui dati 2021, sono utilizzati 33 indicatori, raccolti in quattro aree:

  1. Capitale umano: misura le competenze necessarie per sfruttare pienamente i vantaggi della trasformazione digitale. Va ricordato che l’obiettivo della strategia digitale dell’UE è fare in modo che l’80% della popolazione europea abbia competenze digitali di base entro il 2030;
  2. Connettività: misura la disponibilità di connessioni affidabili e veloci e quindi lo stato delle infrastrutture di telecomunicazione e la loro qualità in termini di accesso a Internet, velocità di connessione e copertura geografica;
  3. Integrazione delle tecnologie digitali: misura l’impatto del digitale nel settore privato e quindi nelle imprese, considerando la loro capacità di usare strumenti digitali -social media, e-commerce, Intelligenza Artificiale e cloud- per migliorare le prestazioni e l’efficienza;
  4. Servizi pubblici digitali: misura il livello di e-government dei singoli Paesi e quindi la loro capacità di offrire servizi digitalizzati ai cittadini, come documentazione sanitaria digitale e soluzioni di pagamento elettroniche. Quest’ultimo fattore chiama in causa, di conseguenza, le capacità digitali del cittadino e quindi si collega al primo punto relativo al capitale umano.

Com’è l’indice DESI dell’Italia?

Secondo l’analisi DESI 2022 su 27 Paesi membri UE, l’Italia si piazza al 18esimo posto per livello di digitalizzazione complessiva, guadagnando due posizioni rispetto all’anno precedente.

Il rapporto evidenzia che in termini di capitale umano e connettività, il nostro Paese è ancora sotto la media europea. Emerge, infatti, un ritardo nelle competenze digitali di base, nei laureati ICT e nell’offerta di servizi pubblici digitali rivolti ai cittadini.

Vediamo nel dettaglio qual è lo stato di digitalizzazione in Italia per ogni settore:

1. Capitale umano

L’Italia è 25esima su 27 Stati membri. Solo il 46% delle persone possiede competenze digitali di base, un dato al di sotto della media UE pari al 54%. Il divario si riduce quando si considera il possesso di competenze digitali superiori a quelle base (23% Italia, 26% UE).

Per quanto riguarda il settore ICT (Information and Communication Technologies) solo l’1,4% dei laureati italiani sceglie discipline ICT. È il dato più basso registrato nell’UE.

Nel mercato del lavoro gli specialisti ICT sono il 3,8% degli occupati totali, ancora al di sotto della media UE (4,5%). Inoltre, i dati evidenziano che solo il 15% delle imprese italiane eroga ai propri dipendenti formazione in materia di ICT, contro il 20% della media UE.

Le prestazioni dell’Italia sono più vicine alla media UE per quanto riguarda la presenza delle donne nel settore digitale: le specialiste ICT, infatti, rappresentano il 16% del totale, rispetto a una media UE del 19%.

2. Connettività

In questo caso l’Italia si colloca al settimo posto tra gli Stati UE. I progressi più importanti sono stati registrati sul fronte della copertura 5G, passata dall’8% al 99,7% delle zone abitate. È invece basso l’utilizzo complessivo della banda larga fissa – adottata dal 66% delle famiglie e lontano dal 78% della media europea – e della banda larga mobile – l’Italia è terzultima, con un 80% contrapposto alla media UE dell’87%.

3. Integrazione delle tecnologie digitali

Per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali, l’Italia si colloca all’ottavo posto nell’UE. La maggior parte delle PMI italiane ha perlomeno un livello base di intensità digitale (60%, ben al di sopra della media UE del 55%).

Inoltre, quasi la totalità delle imprese italiane (95%) usa la fatturazione elettronica e più della metà (52%) usa servizi cloud. In più, l’uso delle tecnologie digitali per la sostenibilità ambientale è relativamente diffuso nelle PMI sebbene inferiore alla media UE (60% contro una media del 55%).

L’Italia è invece debole in ambito big data (usati solo dal 9% delle imprese, rispetto a una media UE del 14%) e Intelligenza Artificiale (6% contro 8%). Resta sotto la media UE anche nella diffusione dell’e-commerce (13% delle PMI in Italia contro il 18% in Ue).

4. Servizi pubblici digitali

L’Italia si colloca al 19esimo posto nell’UE per quanto riguarda i servizi pubblici digitali. Malgrado i continui progressi, solo il 40% degli utenti italiani di Internet usa i servizi pubblici digitali, un dato ben al di sotto della media UE del 65%.

I risultati migliori riguardano gli open data (92% contro la media UE dell’81%), mentre per quanto riguarda la disponibilità di moduli precompilati l’Italia è ancora al di sotto della media europea (con un punteggio di 48 rispetto a 64).

Sotto il profilo dell’offerta di servizi pubblici digitali alle imprese, l’Italia è in linea con il dato UE, con un punteggio pari a 79 (82 è invece quello UE). Il divario con la media UE risulta leggermente superiore se si guarda all’offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini (67 in Italia rispetto a 75 nell’UE).

Va ricordato che questi risultati non riflettono ancora l’impulso che il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dovrebbe dare alle iniziative per la digitalizzazione della PA e dei suoi servizi.

GDPR: quando possono essere considerati anonimi i dati?

GDPR: quando possono essere considerati anonimi i dati?

GDPR dati tra anonimizzazione e pseudonimizzazione

Per poter applicare il Regolamento UE 2016/679 sulla protezione dei dati personali e privacy, meglio noto come GDPR General Data Protection Regulation-, i dati devono essere identificabili.

L’articolo 4, infatti, specifica che per “dato personale” si intende “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (cosiddetto«interessato»)” e precisa inoltre che “si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente”.

Tra le misure da adottare per garantire il rispetto del Regolamento Europeo, oltre a un alto livello di sicurezza dei dati personali, la GDPR compliance considera la pseudonimizzazione (art. 32, comma 1 lett. a).

Tale tecnica prevede che il trattamento dei dati sia svolto in maniera da non permettere che questi possano essere attribuiti a un interessato specifico senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive e a condizione che tali informazioni siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative volte a garantire che i dati personali non siano assegnati a una persona fisica identificata o identificabile.

Bisogna fare attenzione a non confondere la pseudonimizzazione con l’anonimizzazione. Si tratta, infatti, di due concetti solo in apparenza simili, ma che hanno un significato diverso. Un dato pseudonimizzato, infatti, non elimina il rischio che lo stesso possa essere ricostruito e riassociato all’utente. Quindi non fa venire meno il presupposto di identificabilità che rende applicabile la disciplina GDPR.

Al contrario l’anonimizzazione rende impossibile l’identificazione dell’utente, di conseguenza i dati anonimizzati non sono soggetti alle restrizioni sul trattamento dei dati personali ai sensi del Regolamento generale sulla protezione dei dati.

Si tratta quindi di due opzioni diverse che gli operatori possono utilizzare per adeguarsi alla legislazione, da valutare attentamente in base alle specifiche esigenze.

Dati personali: quando si possono considerare anonimi?

I dati possono essere considerati anonimi nel momento in cui non è possibile re-identificare l’utente a cui si riferiscono. Di conseguenza questi dati non saranno soggetti alle restrizioni previste dal GDPR.

In altre parole, anonimizzare un set di personal data vuol dire rendere non associabili a individui specifici le informazioni contenute in quei dati, preservando la privacy dei singoli interessati, senza incorrere in possibili violazioni.

L’anonimizzazione è quindi un’operazione di de-identificazione che mira a trasformare in maniera irreversibile i dati personali in dati anonimi in modo da poterli trattare senza contravvenire agli obblighi e alle responsabilità imposti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali.

Quali sono le tecniche di anonimizzazione dei dati?

Un dato può essere reso anonimo grazie ad alcune tecniche che permettono di ottenere informazioni non più riconducibili a un interessato specifico.

Le principali tecniche di anonimizzazione dei dati sono 4:

  1. Mascheramento: consiste nell’eliminazione degli identificatori personali e diretti, come ad esempio nome e indirizzo, agendo quindi sul livello di dettaglio del dato e senza alterare o modificare i dati originali.
  2. Randomizzazione: è una famiglia di tecniche che prevedono l’alterazione dei dati di partenza con l’obiettivo di spezzare il legame tra questi e l’individuo di riferimento. Fanno parte di questo gruppo tecniche come il rumore statistico (modifica dei dati attraverso l’aggiunta di piccoli cambiamenti casuali) e la permutazione (vengono mescolati i valori presenti in una tabella in modo che non sia più possibile ricostruire l’associazione originale tra i dati).
  3. Generalizzazione dei dati: questo tipo di tecniche modificano la scala o l’ordine di grandezza – ad esempio indicando una provincia invece di una città – in modo che sia meno probabile riconoscere soggetti precisi, poiché è plausibile che più persone condividano gli stessi valori. Una delle tecniche di generalizzazione più utilizzate è la k-anonimizzazione (ogni valore relativo a un interessato deve essere condiviso da un numero minimo k di altri interessati che fanno parte dell’insieme);
  4. Anonimizzazione stratificata: detta anche ri-anonimizzazione, consiste in una seconda anonimizzazione di dati già resi anonimi in una fase precedente.

Referendum 2024, si firma solo online con SPID

Un indice premuto su uno smartphone, per indicare la firma con SPID per i referendum 2024.

Referendum 2024: si può firmare solo online con SPID per sottoscrivere i 14 quesiti referendari proposti dal comitato promotore. In questo articolo vediamo quando e come si può firmare per i referendum, quali sono i nuovi referendum proposti e quando si vota per i referendum 2024.

Quando si firma per i nuovi referendum 2024

Per i nuovi referendum si può firmare fino al 30 settembre 2023. L’intera campagna referendaria è guidata dal Comitato referendario 2024, che lo scorso 3 luglio ha presentato presso la cancelleria della Corte di Cassazione una dichiarazione con cui ha dato formalmente il via all’iter previsto dalla legge per i referendum.

Come si firma per i referendum 2024

Per la prima volta in Italia, per i referendum 2024 si firma solo online, tramite SPID. Per sottoscrivere i 14 quesiti, infatti, basta accedere con il proprio SPID alla specifica piattaforma digitale del comitato promotore.

Per firmare si pagano 1,65 euro, indipendentemente dal numero di quesiti che si sottoscrivono. Si tratta di un piccolo contributo che il comitato promotore chiede ai sottoscrittori, a fronte della comodità di poter firmare con pochi semplici clic, quando e dove si vuole, senza doversi spostare fisicamente alla ricerca del tradizionale banchetto in piazza.

Come riferito dal Comitato Promotore: “Le firme saranno solo online perché la pratica è molto più semplice con questa modalità, altrimenti bisogna arrivare a Roma con furgoni di carta. Però se qualcuno volesse si potrebbero fare banchetti esplicativi. Dipende se si crea un movimento di volontari, che auspichiamo. Ma si tratterebbe in ogni caso di banchetti solo esplicativi, per aiutare in loco i cittadini a firmare online, spiegando come adoperarsi con lo SPID e il pagamento del contributo”.

Perché si paga per firmare i referendum con SPID

Il contributo di 1,65 euro chiesto per sottoscrivere online i referendum con SPID serve a coprire i costi della gestione tecnica dell’intero processo referendario. Tali costi sono rappresentati, in particolare, dall’autenticazione per apporre la firma elettronica qualificata e l’apposizione delle marche temporali necessarie per la validità legale della sottoscrizione.

L’esigenza di dover coprire questi costi nasce dal fatto che a oggi manca ancora una piattaforma tecnologica pubblica da poter usare per la raccolta digitale delle firme. Una piattaforma online statale è stata prevista dalla Legge di bilancio 2021, ma non è stata ancora realizzata. Pertanto, per poter fornire ai cittadini italiani la possibilità di sottoscrivere online i nuovi referendum, il comitato promotore si è dovuto rivolgere a un operatore privato accreditato presso AgID, che ha messo a disposizione una piattaforma privata.

Cosa bisogna fare per firmare i referendum con SPID

Per sottoscrivere i referendum in modalità digitale bisogna prima registrarsi alla piattaforma. Per registrarsi occorre:

  • inserire un proprio indirizzo e-mail,
  • indicare qual è il proprio Comune di residenza (oppure, se si è residenti all’estero, qual è stato l’ultimo Comune di residenza in Italia)
  • leggere e accettare l’informativa privacy del sito.

Dopo aver cliccato su “Invia”, la piattaforma ci invia alla mail che abbiamo indicato un link che ci consente di sottoscrivere i quesiti referendari. Cliccando sul link si viene indirizzati a una pagina della piattaforma in cui bisogna spuntare una casella in cui dichiariamo di avere un account SPID personale e attivo. Proseguendo, arriviamo al momento in cui ci viene chiesto di pagare il contributo di 1,65 euro, dopo di che si arriva alla sezione della piattaforma in cui troviamo tutti i quesiti proposti e possiamo infine scegliere quali quesiti sottoscrivere.

Quali sono i 14 referendum 2024

I nuovi quesiti referendari previsti per il 2024 sono 14.

Quattro referendum sulla cannabis, per:

  • alzare al 6% i limiti di THC nelle piante di canapa;
  • allargare la deroga alla coltivazione della canapa per usi consentiti dalle norme UE;
  • eliminare il divieto di coltivare la cannabis;
  • depenalizzare le coltivazioni non autorizzate.

Tre referendum sull’immigrazione, per:

  • introdurre lo Ius Soli per i figli di cittadini stranieri nati in Italia;
  • facilitare l’assunzione di cittadini stranieri in Italia, semplificando l’iter dei contratti di lavoro;
  • dare piena autonomia al Presidente della Repubblica nel concedere la cittadinanza italiana a cittadini stranieri.

Tre referendum sulla politica, per:

  • prevedere anche per i partiti già in Parlamento l’obbligo di raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni successive;
  • prevedere più tempo per la raccolta delle firme per i referendum (attualmente 3 mesi) e consentire la richiesta di referendum anche nell’anno che precede l’elezione di Camera o Senato;
  • abbassare all’1% la soglia di sbarramento alla Camera, attualmente al 3%.

I restanti quattro referendum riguardano:

  • legalizzazione della maternità surrogata
  • abolizione del decreto rave
  • riapertura delle case di piacere
  • abrogazione dell’obbligo di rimessa per il trasporto privato NCC (noleggio con conducente).

Quando si vota per i referendum 2024

La data per i nuovi referendum nel 2024 non è stata ancora fissata, ma è possibile che si terranno tra il 6 e il 9 giugno 2024, giorni in cui sono già state fissate le prossime elezioni europee.

Tuttavia, per giungere alla fase del voto ogni quesito dovrà prima raggiungere le 500mila firme richieste dalla legge. Come già accaduto nell’ultima raccolta referendaria del 2021, è molto probabile che la possibilità di firmare con SPID consenta a tutti i quesiti di superare agevolmente il quorum.

A ogni modo, anche dopo aver raggiunto le 500mila firme, per arrivare al voto ogni quesito dovrà superare il vaglio della Corte Costituzionale, che si esprimerà sulla sua ammissibilità.

Come si vota per i referendum 2024

Non bisogna confondere la raccolta delle firme con il voto vero e proprio. SPID si può usare solo per sottoscrivere i quesiti e raggiungere il quorum delle 500mila firme, ma non per il voto online, che in Italia non è ancora consentito.

Il voto sui singoli referendum, previsto nel 2024, si svolgerà sempre nella classica modalità in presenza e comporterà sempre di doversi recarsi alle urne per tracciare sulle schede elettorali la propria preferenza.

CLICCA QUI PER FIRMARE ONLINE PER I REFERENDUM 2024

Fatturazione elettronica anticipata: è possibile emetterla prima del pagamento?

Fatturazione elettronica anticipata: è possibile emetterla prima del pagamento?

Che cos’è la fattura elettronica anticipata e come funziona?

In Italia l’obbligo di fatturazione elettronica, sia per le transazioni B2B sia per quelle B2C, è scattato il 1° gennaio 2019 l’obbligo, inoltre, in base a quanto stabilito dal D.p.r. 633/1972, il cosiddetto Decreto Iva, la fattura deve essere emessa nel momento stesso in cui si effettua l’operazione, ossia al momento del pagamento del bene o alla fine della prestazione di un servizio.

Tuttavia, ci sono dei casi in cui è possibile emettere la fattura anticipata, vale a dire un documento contabile che viene redatto prima del pagamento e attesta il passaggio di un bene o di un servizio da chi lo vende a chi lo acquista, ossia il cliente.

Questo tipo di fatture devono rispettare i requisiti previsti dalle legge e contenere tutti le informazioni obbligatorie previste dal sistema di fatturazione elettronica:

  • Data di emissione;
  • Numero progressivo;
  • Dati identificativi dell’emittente (nominativo o ragione sociale, indirizzo, Partita Iva);
  • Dati identificativi del cliente (nominativo o ragione sociale, indirizzo);
  • Tipo di pagamento;
  • Estremi del documento di trasporto, o DDT;
  • Natura, quantità e qualità dei beni;
  • Prezzo unitario e prezzo complessivo;
  • Aliquota e ammontare dell’Iva;
  • Marca da bollo se non vi è l’addebito dell’Iva e per importi superiori ai €77,47.

Quando viene emessa una fattura anticipata, il soggetto passivo ha a disposizione 12 giorni, a partire dalla data indicata all’interno del documento, per inviare il documento fiscale al Sistema di Interscambio (SdI). In altre parole, nel momento in cui si decide di anticipare l’emissione della fattura, la data a partire dalla quale decorrono i dodici giorni per la trasmissione al SdI è quella riportata all’interno del campo Data, che segnala il giorno in cui è stata effettuata l’operazione.

Quando si può emettere una fattura in anticipo?

La possibilità di ricorrere alla fatturazione elettronica in anticipo è prevista solamente in casi particolari. Esistono infatti delle specifiche linee guida da rispettare per emettere una fattura anticipata senza incorrere in sanzioni e sono illustrate all’articolo 6 del già citato Decreto Iva.

Le casistiche per le quali si può procedere alla fatturazione in anticipo, quindi prima del pagamento, sono le seguenti:

  • Incasso di acconti ma solo per le cessioni di beni;
  • Quando si emette la fattura prima della spedizione o del pagamento dei beni e servizi.

Inoltre, per essere considerate delle fatture anticipate, questi documenti devono contenere le informazioni obbligatorie delle fatture tradizionali ed essere iscritte nell’apposito registro, con scrittura contabile del debito IVA.

Ad esempio, i liberi professionisti che permettono di dilazionare il pagamento o prevedono il versamento di acconti, devono contabilizzare le diciture contabili sotto il nome di fattura anticipata.

Namirial fatturazione elettronica: la soluzione semplice e veloce

Gestire le fatture elettroniche è più semplice e veloce con FatturePlus di Namirial, la soluzione dedicata alla fatturazione elettronica tra privati (B2B) e verso la PA, che si adatta alle esigenze di una piccola impresa, di un professionista o di un commercialista che assiste più aziende e clienti allo stesso tempo.

Dialoga con il sistema di interscambio (SDI) in modo facile, veloce e automatizzato. Fruibile da qualsiasi dispositivo, la soluzione Namirial per la fattura elettronica permette inoltre di gestire sia il ciclo attivo sia quello passivo. Genera fatture ordinarie, semplificate e parcelle. FatturePlus è più di una semplice applicazione di fatturazione elettronica: infatti gestisce anche l’anagrafica dei clienti, dei fornitori, degli articoli e le tabelle delle aliquote IVA.

Grazie al pannello di controllo è inoltre possibile visualizzare l’andamento economico dell’attività in ogni momento e avere sotto controllo i dati relativi alle fatture emesse e ricevute, agli incassi e ai pagamenti.

Ricapitolando, le funzionalità di FatturePlus Namirial permettono di:

  • Gestire senza difficoltà sia il ciclo attivo, sia quello passivo
  • Inviare e ricevere fatture PA e B2B
  • Emettere fatture ordinarie e semplificate in PDF
  • Aggiungere la firma elettronica automatica a ogni invio
  • Gestire l’anagrafica di clienti, fornitori e articoli
  • Gestire più codici IVA e i sezionali
  • Gestire lo scadenzario, gli incassi e i pagamenti
  • Personalizzare i template fatture

Ecco quali sono i principali vantaggi di FatturePlus Namirial:

  • Facile da usare: l’interfaccia web di FatturePlus è stata studiata per garantire la migliore esperienza per l’utente. Nel pannello di controllo iniziale avrai la situazione degli incassi e dei pagamenti sempre visibile attraverso grafici. I menù intuitivi ti permetteranno di trovare in pochi click le funzioni che desideri.
  • Flessibile: personalizza in un attimo le fatture, inserendo il tuo logo e la tua intestazione. Collabora con il tuo commercialista fornendogli direttamente l’accesso ai documenti: non dovrai più consegnare nulla “a mano”. Le fatture elettroniche verranno inviate allo SDI in automatico e potrai spedire via mail le fatture di cortesia ai tuoi clienti.
  • Completo: FatturePlus memorizza i dati principali delle anagrafiche dei tuoi clienti e fornitori e crea in automatico il database della tua azienda. Tieni sempre sotto controllo la tua attività con la funzione della reportistica e sfrutta tutti i vantaggi del gestionale integrato.

Fatture Plus di Namirial è disponibile in due versioni:

1. FatturePlus Standard

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime fiscale ordinario;
  • 110,00€ +IVA per il primo anno.

2. FatturePlus Forfettari

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime dei minimi e forfettari;
  • 48,00€ +IVA per il primo anno.

Vuoi gestire la fatturazione elettronica tramite POS? Scopri l’offerta compatibile solo con POS PAX A910 in promo a 299€ + IVA all’anno invece di 422€.

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La nuova etichetta per i dispositivi IoT per la cyber security

La nuova etichetta per i dispositivi IoT per la cybersecurity

Che cosa sono i dispositivi IoT?

La tecnologia è diventata una parte integrante della vita di oggi, dalla gestione del tempo all’apprendimento fino al divertimento, passando per il settore della salute e la cosiddetta smart city, ovvero le città intelligenti dove la tecnologia è impegnata a facilitare diverse funzionalità che migliorano la qualità della vita.

Questa evoluzione è stata resa possibile anche dai dispositivi IoT, acronimo di Internet of Things, in italiano Internet delle cose (IdC) o Internet degli oggetti, che hanno trasformato il nostro modo di interagire con l’ambiente circostante e reso il tema della cyber security più rilevante che mai.

IoT è un neologismo che si riferisce a una rete di dispositivi fisici (sensori, attuatori, dispositivi elettronici, macchinari, veicoli) connessi a Internet e che attraverso la Rete possono scambiarsi dati e interagire tra loro, senza la presenza di una persona. 

Questa rete interconnessa di dispositivi fisici che comunicano tra di loro e con sistemi centralizzati attraverso Internet apre la strada a numerose possibilità di innovazione e miglioramento in diverse aree dell’attività umana. Gli ambiti applicativi dell’Internet of Things sono potenzialmente infiniti e vanno dalla medicina all’automazione industriale, dal monitoraggio ambientale al settore automotive, dal controllo del traffico ai sistemi di sicurezza domestica, dagli elettrodomestici agli ormai noti e diffusi wearable device, ossia i dispositivi indossabili, come gli smartwatch.

La sfida della cyber security nell’IoT: lo U.S. Cyber Trust Mark

La crescente diffusione dei dispositivi IoT ha portato alla necessità di affrontare seriamente la questione della sicurezza informatica, ossia la protezione delle informazioni e dei sistemi informativi da alterazioni indesiderate, violazioni o danni accidentali.

Per affrontare una sfida che coinvolge un così vasto numero di dispositivi, lo scorso 18 luglio negli Stati Uniti la Federal Communications Commission (FCC) ha annunciato lo U.S. Cyber Trust Mark. Si tratta di un’iniziativa per la protezione dei consumatori dalle minacce alla sicurezza dei dispositivi IoT, voluta per rafforzare la fiducia nell’uso di strumenti come telecamere di sicurezza, smart TV, serrature elettroniche, frigoriferi intelligenti e climatizzatori.

Il programma mira a introdurre un sistema di marchiatura dei dispositivi smart dotati di tecnologia IoT, stabilendo standard minimi di sicurezza per parametri come la crittografia e la protezione dei dati, con l’obiettivo di informare meglio i consumatori sui tipi di dati raccolti da tali dispositivi e sul loro utilizzo.

Al programma U.S. Cyber Trust Mark hanno già aderito i principali produttori ed esercenti di elettronica, come Amazon, Cisco Systems, Google, LG Electronics U.S.A., Logitech, Qualcomm, Samsung Electronics.

La principale azione del progetto prevede la creazione di un logo a forma di scudo, lo U.S. Cyber Trust Mark, per i prodotti che soddisfano i criteri di sicurezza informatica stabiliti dal National Institute of Standards and Technology (NIST).

In materia di IoT, infatti, le linee guida del NIST prevedono buone pratiche da seguire per avere una protezione adeguata e sistemi più resilienti, affidabili ed efficienti. Tra queste troviamo l’uso di password predefinite uniche e complesse, gli aggiornamenti regolari del software e la capacità di rilevare incidenti di sicurezza, a cui si aggiungono la protezione dei dati e l’implementazione di codici QR utili a creare un registro nazionale dei dispositivi certificati.

Cyber security e dispositivi IoT in Europa

I prodotti hardware e software sono sempre più soggetti ad attacchi informatici che possono essere evitati solo se dotati di una buona protezione che deve rispondere a rigidi standard di sicurezza. Per questo motivo, anche l’Unione Europea sta facendo la sua parte con il Cyber Resilience Act, una direttiva che prevede l’adozione di misure volte a rafforzare la sicurezza informatica per i dispositivi interconnessi via Internet.

Il Cyber Resilience Act promuove il principio della cyber security by design e si pone quattro importanti obiettivi:

1. garantire che i produttori migliorino la sicurezza dei prodotti con elementi digitali sin dalla fase di progettazione e sviluppo e durante l’intero ciclo di vita;

2. garantire un quadro coerente di cyber security, che faciliti la conformità dei produttori di hardware e software;

3. migliorare la trasparenza delle proprietà di sicurezza dei prodotti con elementi digitali;

4. consentire alle aziende e ai consumatori di utilizzare in modo sicuro i prodotti con elementi digitali.

Questo regolamento integra la Direttiva sulla sicurezza delle reti e delle informazioni (NIS), la Direttiva NIS 2 e il Cybersecurity Act entrato in vigore nel 2019.

Servizio di consultazione delle fatture elettroniche, è retroattivo?

Servizio di consultazione delle fatture elettroniche, è retroattivo?

Che cos’è il servizio di consultazione fatture elettroniche?

Il processo di digitalizzazione investe svariati ambiti della nostra vita e ha raggiunto anche quello fiscale che, negli ultimi anni, ha introdotto una serie di provvedimenti e servizi volti a semplificare i rapporti tra contribuenti, imprese e fisco. Tra questi, uno dei più significativi è rappresentato dall’obbligo per le imprese di utilizzare le fatture elettroniche per gestire le proprie attività e il rapporto con fornitori e clienti.

Al fine di rendere il sistema di fatturazione elettronica più semplice e sfruttare al massimo i suoi vantaggi in termini di sicurezza, snellimento delle pratiche burocratiche, trasparenza, risparmio ed efficienza delle attività amministrative, l’Agenzia delle entrate ha predisposto un servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici, illustrato all’interno del paragrafo 8-bis delle specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, ossia il Provvedimento 30 aprile 2018.

Il servizio offerto dall’agenzia fiscale della pubblica amministrazione italiana, che opera in qualità di responsabile del trattamento dei dati personali, è accessibile previa adesione da effettuare mediante l’apposita funzionalità resa disponibile nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° luglio 2019. Va inoltre ricordato che gli operatori IVA possono effettuare l’adesione al servizio anche attraverso gli intermediari (art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998) appositamente delegati.

Come funziona il servizio di consultazione fatture? A seguito dell’adesione effettuata da almeno una delle parti – cedente/prestatore o cessionario/committente – l’Agenzia delle entrate memorizza i dati dei file delle fatture elettroniche e li rende disponibili solo per il soggetto che ha effettuato l’adesione, in modo da mantenere la privacy e la sicurezza dei dati. I file memorizzati vengono poi cancellati entro 60 giorni dal termine del periodo di consultazione.

L’utente può effettuare in qualsiasi momento il recesso dal servizio di consultazione fatture, entrando semplicemente nell’area dedicata all’adesione e cliccando sull’apposito pulsante recedi. Il recesso è immediato e comporta l’interruzione del servizio di consultazione di tutte le fatture emesse/ricevute.

Come accedere al servizio di consultazione fatture elettroniche privati?

Le fatture elettroniche e le note di variazione, sia quelle emesse che ricevute correttamente attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) sono disponibili tramite il servizio Consultazione accessibile dalla home page del portale “Fatture e Corrispettivi” utilizzando le proprie credenziali Fisconline/Entratel, Sister, SPID, CIE o CNS.

All’interno della sezione Consultazione sono disponibili due link:

  • Dati rilevanti ai fini IVA: da qui si accede ad una pagina che contiene il riepilogo delle fatture emesse e ricevute nell’ultimo trimestre. Il servizio consente inoltre di effettuare una ricerca avanzata delle fatture con ulteriori chiavi come la partita Iva del cliente o del fornitore, il numero identificativo assegnato alla fattura dal SdI, eccetera. La schermata consente di visualizzare, su ogni riga della tabella, i dati di sintesi del singolo documento (numero, data, identificativo fiscale del fornitore e del cliente, imponibile, imposta, numero assegnato al documento dal SdI). Inoltre, è possibile vedere sia quali sono le fatture consegnate, cioè quelle per le quali è stata emessa una ricevuta di consegna, sia le fatture che, per problemi del canale di ricezione del cliente, non sono state consegnate ma solo messe a disposizione sul portale. In questi casi viene emessa una ricevuta di impossibilità di consegna. Per visualizzare o scaricare la fattura, l’utente deve semplicemente cliccare sul simbolo della lente d’ingrandimento;
  • Monitoraggio dei file trasmessi: selezionando il link nella sezione “File fattura”, l’utente viene reindirizzato a una schermata dove, impostando un range di date, può ottenere l’elenco delle ricevute (di scarto, di consegna o di impossibilità di consegna) relative a tutte le fatture, o alle note di variazione, emesse in quel determinato periodo. Il servizio consente inoltre di effettuare una ricerca avanzata delle ricevute con ulteriori chiavi come la partita Iva del cliente o il numero identificativo assegnato alla fattura dal SdI.

La consultazione delle fatture elettroniche è retroattiva?

Il servizio di consultazione delle fatture elettroniche attualmente non ha efficacia retroattiva.

Ciò significa che l’utente, all’interno della pagina dedicata, può visualizzare solo le fatture ricevute successivamente alla adesione al servizio.

Fattura Elettronica Namirial, la soluzione semplice e veloce

Gestire le fatture elettroniche è più semplice e veloce con FatturePlus di Namirial, la soluzione dedicata alla fatturazione elettronica tra privati (B2B) e verso la PA, che si adatta alle esigenze di una piccola impresa, di un professionista o di un commercialista che assiste più aziende e clienti allo stesso tempo.

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Grazie al pannello di controllo è inoltre possibile visualizzare l’andamento economico dell’attività in ogni momento e avere sotto controllo i dati relativi alle fatture emesse e ricevute, agli incassi e ai pagamenti.

Ricapitolando, le funzionalità di FatturePlus Namirial permettono di:

  • Gestire senza difficoltà sia il ciclo attivo, sia quello passivo
  • Inviare e ricevere fatture PA e B2B
  • Emettere fatture ordinarie e semplificate in PDF
  • Aggiungere la firma elettronica automatica a ogni invio
  • Gestire l’anagrafica di clienti, fornitori e articoli
  • Gestire più codici IVA e i sezionali
  • Gestire lo scadenzario, gli incassi e i pagamenti
  • Personalizzare i template fatture

Ecco quali sono i principali vantaggi di FatturePlus Namirial:

  • Facile da usare: l’interfaccia web di FatturePlus è stata studiata per garantire la migliore esperienza per l’utente. Nel pannello di controllo iniziale avrai la situazione degli incassi e dei pagamenti sempre visibile attraverso grafici. I menù intuitivi ti permetteranno di trovare in pochi click le funzioni che desideri.
  • Flessibile: personalizza in un attimo le fatture, inserendo il tuo logo e la tua intestazione. Collabora con il tuo commercialista fornendogli direttamente l’accesso ai documenti: non dovrai più consegnare nulla “a mano”. Le fatture elettroniche verranno inviate allo SDI in automatico e potrai spedire via mail le fatture di cortesia ai tuoi clienti.
  • Completo: FatturePlus memorizza i dati principali delle anagrafiche dei tuoi clienti e fornitori e crea in automatico il database della tua azienda. Tieni sempre sotto controllo la tua attività con la funzione della reportistica e sfrutta tutti i vantaggi del gestionale integrato.

Fatture Plus di Namirial è disponibile in due versioni:

1. FatturePlus Standard

  • 100 fatture elettroniche incluse;
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  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
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2. FatturePlus Forfettari

  • 100 fatture elettroniche incluse;
  • Conservazione sostitutiva delle fatture inclusa;
  • Fatture PA, B2B e semplificate;
  • Gestione integrata di tutte le aree funzionali;
  • Regime dei minimi e forfettari;
  • 48,00€ +IVA per il primo anno;

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