Bonus partite IVA 2024: nuovi requisiti

Bonus partite IVA 2024: nuovi requisiti

Quali sono i bonus 2024 dedicati alle partite IVA?

Il mondo delle partite IVA può essere complesso e intricato, specialmente quando si tratta di capire quali sono gli incentivi disponibili e i bonus a cui si ha diritto. Sapere quali sono le agevolazioni che spettano ai lavoratori autonomi è fondamentale sia per avere una gestione finanziaria efficiente, sia per affrontare eventuali difficoltà che possono sorgere nel corso del tempo.

Con la Legge di Bilancio 2024 non sono stati rinnovati molti dei bonus che l’anno scorso erano stati dedicati alle partite IVA, tuttavia vengono introdotte delle misure che mirano a sostenere i lavoratori autonomi nel loro percorso di crescita, ma anche a garantire una maggiore protezione in caso di crisi.

Per il 2024 è stata prorogata e resa strutturale l’ISCRO, l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale Operativa riservata ai liberi professionisti. 

Con l’abrogazione del Reddito di Cittadinanza a partire dal 1° gennaio, i lavoratori autonomi possono comunque chiedere l’Assegno di Inclusione o il Supporto Formazione e Lavoro, a condizione che rispettino i requisiti richiesti per accedere a tali misure.

Bonus Partita Iva 2024 da 800 euro INPS: come funziona l’ISCRO e chi può chiederla

L’ISCRO è stata istituita con la Legge di Bilancio 2021 ed è la cassa integrazione dei titolari di partita IVA, indipendentemente dal codice Ateco.

Il sostegno viene erogato dall’INPS per un massimo di sei mesi e l’indennità è pari al 25%, su base semestrale, della media dei redditi da lavoro autonomo dichiarati nei due anni precedenti l’anno precedente la presentazione della domanda (quindi, per le domande presentate nel 2024 conta la media dei redditi del biennio 2021-2022). Indipendentemente da tale media, l’importo spettante non potrà superare gli 800 euro mensili e non potrà essere inferiore a 250 euro mensili, rivalutati annualmente in base al tasso di inflazione.

Per accedere a ISCRO è necessario avere i seguenti requisiti:

  • essere titolari di partita IVA attiva da almeno 3 anni al momento in cui si presenta la domanda, per l’attività che ha consentito l’iscrizione alla gestione separata;
  • essere in regola con i versamenti dei contributi previdenziali obbligatori;
  • non essere titolari di trattamenti pensionistici diretti e non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie; non essere titolari di assegno di inclusione. Questi requisiti devono essere mantenuti per tutto il periodo in cui si percepisce il sussidio;
  • aver prodotto, nell’anno precedente la presentazione della domanda, un reddito di lavoro autonomo inferiore al 70% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei due anni precedenti l’anno precedente la presentazione della domanda;
  • Aver dichiarato, nell’anno precedente la presentazione della domanda, un reddito da lavoro autonomo non superiore a 12mila euro

L’ISCRO non può essere richiesta nel biennio successivo all’anno di inizio di fruizione della stessa. Inoltre, se nel corso dell’erogazione dell’ISCRO avviene la chiusura della partita IVA, ciò determina l’immediata sospensione dell’indennità, con recupero da parte dell’INPS delle mensilità eventualmente erogate dopo la data di cessazione dell’attività.

Per beneficiare dell’ISCRO è necessario presentare domanda entro il 31 ottobre di ciascun anno di fruizione, in via telematica tramite la sezione Indennità per lavori autonomi ISCRO del sito web dell’INPS.

Per utilizzare il servizio è necessario effettuare l’accesso tramite:

  • SPID di livello 2 o superiore;
  • CIE 3.0 (Carta d’identità elettronica); 
  • CNS (Carta nazionale dei servizi).

Namirial SPID: lo strumento per accedere al bonus partite IVA

Con Namirial la creazione di SPID è facile e veloce: per ottenere le credenziali bastano un Pc, o uno smartphone, e una connessione Internet.

Namirial ID è lo SPID di Namirial, un set di credenziali -username, password ed eventuale OTP– che consente di accedere ai servizi online delle PA e dei privati che aderiscono al sistema, ogni volta che su un loro sito o app si visualizza il pulsante “Entra con SPID”.

Caratteristiche e costi delle soluzioni SPID Namirial:

  • SPID Personale con Video Identificazione: è possibile attivare SPID 24 ore su 24, anche sabato e domenica. È sufficiente una connessione a internet, lo smartphone o una webcam, un documento di riconoscimento e la tessera sanitaria. Il costo del servizio di video-identificazione è di 19,90 € + IVA (solo una volta).

Inoltre, con Namirial è possibile attivare anche lo SPID Professionale, pensato per professionisti e aziende, che oltre ai dati personali del titolare include attributi aggiuntivi che caratterizzano la sua professione. Lo SPID Professionale Namirial può essere attivato per un anno (al costo di 35,00 euro + Iva) o per due anni (70,00 € + Iva).

Alla scadenza, se l’utente decide di non rinnovarlo, SPID Professionale tornerà a essere uno SPID Personale.

Questo servizio può essere acquistato sia da chi ha già uno SPID Personale con Namirial o con un altro Identity Provider sia da chi è sprovvisto di SPID e lo attiva per la prima volta. In tutti i casi la video identificazione è inclusa nel prezzo.

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Verifica dell’identità digitale in sicurezza, cosa c’è da sapere

Verifica dell'identità digitale in sicurezza, cosa c'è da sapere

Verifica dell’identità vs controllo dell’identità: le differenze

In un’epoca in cui le attività quotidiane come lo shopping, la comunicazione e il lavoro sono sempre più legate al mondo digitale, è fondamentale garantire informazioni personali protette, per prevenire il furto di identità, frodi e altri crimini informatici.

In questo contesto, la verifica dell’identità digitale è fondamentale perché conferma l’autenticità dei dati e garantisce che una persona è davvero chi dice di essere quando accede a servizi online, accede a dei sistemi o compie transazioni digitali.

La verifica dell’identità non va confusa con il controllo dell’identità poiché si tratta di due processi differenti ma spesso erroneamente considerati equivalenti. La verifica dell’identità può essere effettuata da soggetti diversi (come una banca o una piattaforma online) per confermare l’identità digitale di un utente al momento dell’iscrizione o dell’accesso a un servizio online.

Il controllo dell’identità, invece, si ha quando una persona è chiamata a dimostrare la propria identità in situazioni particolari, ad esempio durante un controllo di polizia o all’ingresso di un edificio. Il controllo può avvenire in forme diverse, basandosi sulla presentazione di documenti di identità o sull’uso della biometria (riconoscimento facciale o vocale, rilevamento impronta digitale).

Che cos’è il KYC e perché è importante

Nell’ambito della verifica dell’identità si inserisce anche il KYC (Know Your Customer), letteralmente “conosci il tuo cliente”, un processo di riconoscimento usato dalle aziende per verificare l’identità digitale dei propri clienti e prevenire comportamenti illegali e potenziali rischi di frode.

I principali obiettivi del KYC sono stabilire l’identità del cliente, comprendere la natura delle attività che intende svolgere e valutare i possibili rischi associati. Tale processo di onboarding dei clienti è la spina dorsale di qualsiasi programma di compliance e gestione del Risk management. Va ricordato, inoltre, che il KYC consente di soddisfare gli obblighi normativi dell’AMLD (Anti Money Laundering Directive), la direttiva europea antiriciclaggio, che stabilisce le regole per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Sono tre le fasi di cui si compone un efficace sistema KYC:

  1. Customer Identification Program (CIP): l’obiettivo è permettere all’azienda di verificare l’identità del cliente intenzionato a eseguire una transazione finanziaria, raccogliendo informazioni come nome, data di nascita e indirizzo di residenza e associandovi un numero identificativo.
  2. Customer Due Diligence (CDD): è un elemento critico del programma di KYC e si compone di tre livelli:
    • Simplified Due Diligence (SDD): si applica in situazioni in cui il rischio di riciclaggio di denaro o di finanziamento del terrorismo è ritenuto basso e comporta una verifica dell’identità basata sull’ottenimento di un set di dati minimi.
    • Basic Due Diligence (BDD): è applicata alla maggior parte dei clienti e comporta l’ottenimento di informazioni aggiuntive, come l’occupazione, la fonte dei fondi e lo scopo del rapporto commerciale che si vuole instaurare.
    • Enhanced Due Diligence (EDD): è applicata ai clienti considerati a più alto rischio, come quelli politicamente esposti o sottoposti a giurisdizioni con normative antiriciclaggio considerate deboli. Prevede una maggiore analisi delle informazioni dei clienti e una valutazione dei rischi più approfondita.
  3. Ongoing Monitoring: è il monitoraggio svolto sui clienti dopo l’identificazione iniziale e la raccolta delle informazioni e tipicamente include lo svolgimento di audit, il monitoraggio dei controlli e l’ispezione continua delle transazioni.

Grazie all’impiego di tecnologie innovative e all’avanguardia, come l’Intelligenza Artificiale, le aziende possono implementare procedure di Digital Onboarding capaci di ridurre tempi e costi della verifica dell’identità, garantendo al tempo stesso una Customer experience di alta qualità.

Come avviene la verifica dei documenti per l’identità digitale

Le identità elettroniche, SPID su tutte, e strumenti come la firma digitale, sono diventati una parte sempre più importante della vita moderna. Basti pensare che secondo i dati di AgID nel 2023 in Italia sono stati registrati oltre 30 milioni di certificati di firma attivi, di cui l’83% basato su firma remota.

Affinché questi strumenti siano affidabili è necessario che la verifica dei documenti di identità avvenga in modo accurato, al fine di garantire l’autenticità dei dati.

Per rispondere a questa esigenza, a disposizione di chi deve verificare le identità ci sono due piattaforme pubbliche che permettono di verificare la validità, l’autenticità e il legittimo uso dei dati e dei documenti di identità:

  1. SCIPAFI: il Sistema Centralizzato Informatico per la Prevenzione Amministrativa del Furto d’Identità, piattaforma gestita dalla Consap per conto del Ministero dell’Economia, consente alle aziende aderenti di verificare in tempo reale la corrispondenza dei dati identificativi e di reddito forniti dalle persone fisiche all’atto di una richiesta di servizi bancari, finanziari, assicurativi o di un pagamento differito con quelli contenuti nelle banche dati detenute da organismi pubblici e privati (ad oggi Agenzia delle Entrate, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Ministero dell’Interno, Ragioneria Generale dello Stato, Inps, Inail). Nato per consetire la verifica dei documenti nelle pratiche per il rilascio di SIM telefoniche e di finanziamenti, successivamente è stato usato anche per la verifica dell’identità in caso di rilascio di firme digitali e identità elettroniche SPID.
  2. CrimNet: è la piattaforma del Ministero dell’Interno che consente di verificare se un documento risulta rubato o smarrito.

Direttiva Case Green: cosa prevede e chi dovrà ristrutturare

Direttiva Case Green: cosa prevede e chi dovrà ristrutturare

Che cos’è la direttiva europea Case Green

Lo scorso 15 gennaio la Commissione ITRE (Industria, Ricerca ed Energia) del Parlamento europeo ha approvato il testo finale di revisione della Direttiva EPBD (Energy Performance of Building Directive), anche detta Direttiva Case Green.

Il testo ora passa alla sessione plenaria del Parlamento europeo, in programma dall’11 al 14 marzo 2024, per la approvazione definitiva. Poi, dopo un’ulteriore approvazione da parte del Consiglio, la direttiva rivista sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE.

L’obiettivo della direttiva è rendere l’industria edile più sostenibile ed efficiente dal punto di vista energetico. A oggi, infatti, l‘85% degli edifici dell’UE è stato costruito prima del 2000 e tra questi il 75% ha una scarsa prestazione energetica. Infatti, sono responsabili del 42% del consumo energetico e del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all’energia. 

Queste percentuali ci dicono che quello edilizio è un settore chiave su cui i singoli Stati membri devono intervenire se si vogliono raggiungere gli obiettivi energetici e climatici che l’UE si è data. Tali percentuali possono essere ridotte attraverso una serie di misure e interventi che dovranno essere realizzati in tutta Europa.

La direttiva Case Green mira a ottenere entro il 2030 una riduzione di almeno il 60% (rispetto ai valori del 2015) delle emissioni nel settore edilizio, e di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica del settore.

Oltre a ciò, cambieranno anche gli Attestati di Prestazione Energetica (APE), per i quali è prevista maggiore affidabilità, qualità e digitalizzazione, con classi di prestazione energetica basate su criteri comuni, per migliorare le decisioni di investimento e consentire a consumatori e imprese scelte più informate per risparmiare energia e denaro.

Principali novità della Direttiva Case Green

La Direttiva Case Green introduce una serie di misure volte a rendere gli edifici più efficienti dal punto di vista energetico e sostenibili sotto il profilo ambientale.

Ogni Stato membro dell’UE è chiamato a impegnarsi nel ridurre l’impatto ambientale dei propri edifici e a implementare misure per migliorare la loro efficienza energetica.

Tra le principali novità introdotte dalla direttiva, troviamo:

  • Ogni Stato membro deve adottare un proprio percorso nazionale per ridurre il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, consentendo una flessibilità sufficiente per tenere conto delle circostanze nazionali. Gli Stati membri sono liberi di scegliere quali edifici prendere in considerazione e quali misure adottare.
  • Le misure nazionali dovranno garantire che almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni.
  • Per quanto riguarda il patrimonio edilizio non residenziale, le norme prevedono un miglioramento graduale attraverso standard minimi di prestazione energetica. Ciò comporterà la ristrutturazione del 16% degli edifici con le peggiori prestazioni entro il 2030 e del 26% degli edifici con le peggiori prestazioni entro il 2033.
  • Gli Stati membri avranno la possibilità di esentare da questi obblighi alcune categorie di edifici residenziali e non residenziali, tra cui gli edifici storici o le case vacanza.
  • I certificati di prestazione energetica (EPC) migliorati si baseranno su un modello comune dell’UE per informare meglio i cittadini e facilitare le decisioni di finanziamento in tutta l’UE.
  • Per combattere la povertà energetica e ridurre le bollette, i finanziamenti per incentivare e sostenere le ristrutturazioni dovranno essere disponibili anche per i cittadini in condizioni più vulnerabili.
  • Gli Stati membri dovranno prevedere garanzie per le fasce di popolazione più deboli, aiutandole ad affrontare il rischio di sfratto causato da aumenti sproporzionati dell’affitto in seguito a una ristrutturazione.

Sostenibilità ambientale e ristrutturazioni: cosa devono fare gli Stati

La Direttiva Case Green contiene misure volte a migliorare sia la pianificazione strategica delle ristrutturazioni che gli strumenti per garantirne la realizzazione.

In base alle disposizioni concordate, gli Stati membri dovranno:

  • Stabilire piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, per definire la strategia nazionale di decarbonizzazione del patrimonio edilizio e le modalità per affrontare i rimanenti ostacoli, come il finanziamento, la formazione e l’attrazione di lavoratori più qualificati.
  • Istituire programmi nazionali di passaporto per le ristrutturazioni edilizie, per guidare i proprietari nelle loro ristrutturazioni graduali verso edifici a emissioni zero.
  • Istituire sportelli unici per i proprietari di case, le PMI e tutti gli attori della catena del valore della ristrutturazione, per ricevere supporto e orientamento dedicati e indipendenti.
  • Eliminare gradualmente le caldaie alimentate da combustibili fossili. I sussidi per la loro installazione non saranno più consentiti a partire dal 1° gennaio 2025.

Gli Stati membri dovranno definire misure per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, con l’obiettivo di eliminare completamente le caldaie alimentate da combustibili fossili entro il 2040.

La direttiva mira anche a promuovere l’adozione della mobilità sostenibile.

  • Il precablaggio diventerà la norma per gli edifici nuovi e ristrutturati, facilitando così l’accesso alle infrastrutture di ricarica.
  • Si dovranno eliminare gli ostacoli all’installazione dei punti di ricarica negli edifici residenziali e non residenziali, per garantire il right to plug (“diritto alla spina”). In generale, i punti di ricarica dovranno consentire la ricarica intelligente e, dove possibile, la ricarica bidirezionale.
  • Si dovranno garantire sufficienti parcheggi per le biciclette, comprese quelle da carico.

Case green 2030: zero emissioni per i nuovi edifici

Le nuove costruzioni, residenziali e no, dovranno essere a “emissioni zero”, a partire dal 1° gennaio 2028 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2030 per quelli privati, con la possibilità di esenzioni specifiche.

Gli Stati membri dovranno inoltre garantire che i nuovi edifici siano predisposti per l’energia solare, ossia che siano in grado di ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sul tetto. L’installazione di impianti a energia solare diventerà la norma per i nuovi edifici.

Per gli edifici pubblici e non residenziali esistenti, l’installazione dell’energia solare dovrà avvenire gradualmente, a partire dal 2027, laddove ciò sia tecnicamente, economicamente e funzionalmente fattibile.

Il Wallet Digitale per la scuola

Il Wallet Digitale per la scuola

IT Wallet: tutte le identità digitali in un unico portafoglio

L’Italia compie un passo avanti verso la digitalizzazione delle identità pubbliche con l’introduzione del wallet digitale, o IT Wallet, il portafoglio digitale che permetterà di “razionalizzare ed evolvere gli schemi attuali di identità digitale verso un unico strumento“. La versione pubblica dell’e-wallet dovrebbe arrivare entro il 30 giugno 2024anticipando la release dell’EUDI, acronimo di European Digital Identity Wallet, il portafoglio europeo per l’identità digitale che sarà disponibile a partire dal 2026.

L’IT Wallet permetterà ai cittadini di raccogliere in un unico luogo virtuale tutta la documentazione relativa alle proprie identità pubbliche, ovvero carta d’identità, patente di guida e tessera sanitaria. In questo modo, si potrà accedere in maniera semplice, sicura e comoda ai vari servizi digitali della Pubblica Amministrazione.

L’adozione del wallet digitale semplificherà i processi burocratici, consentendo ai cittadini di avere a disposizione in maniera immediata i documenti in formato digitale, inclusi quelli legati al mondo della scuola, che saranno disponibili in modo ancora più agile e veloce. Infatti, sarà sufficiente avere il proprio smartphone con sé per poter accedere a tutte le informazioni necessarie in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento.

In definitiva, l’IT Wallet sarà uno strumento fondamentale per favorire l’accessibilità e l’efficienza dei servizi pubblici, compresi quelli scolastici, come l’iscrizione degli studenti, la richiesta di certificati essenziali per le attività scolastiche e le comunicazioni con gli istituti di riferimento. Le lunghe code agli sportelli diventeranno un ricordo del passato, grazie alla possibilità di utilizzare una sola e unica app per accedere ai dati relativi alla propria digital identity. Ciò, inoltre, vuol dire che le numerose e complesse password, che spesso finiamo per dimenticare o perdere, saranno sostituite da una sola autenticazione, rendendo l’interazione con i servizi online ancora più performante.

Al progetto del digital identity wallet italiano sta lavorando il Dipartimento per la transizione digitale insieme a una serie di società pubbliche, in primis PagoPa, ma anche Sogei e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

La sicurezza dei dati occupa un ruolo fondamentale in questo progetto e per garantirla l’IT wallet sarà disponibile tramite l’App IO a cui è possibile accedere con CIE (Carta d’Identità Elettronica) o SPID, con livello di sicurezza 2. In caso di servizi che prevedono l’accesso a dati più sensibili, ad esempio i servizi bancari, sarà necessario accedere all’IT Wallet con un livello 3.

SPID Namirial: la soluzione per l’identità digitale

Namirialidentity provider accreditato per il rilascio dell’identità digitale SPID, permette di ottenere le credenziali SPID in modo facile e veloce: bastano un pc, o in alternativa uno smartphone, e una connessione Internet.

Namirial ID è un set di credenziali – username, password ed eventuale OTP – generate da Namirial, che corrispondono all’identità digitale di un utente e servono per accedere ai servizi delle Pubbliche Amministrazioni e dei privati che aderiscono al Sistema Pubblico d’Identità Digitale.

Vediamo insieme quali sono le caratteristiche e i costi delle soluzioni offerte da Namirial:

  • SPID Personale: è possibile attivare SPID Personale gratuitamente se hai CIE/CNS con PIN e lettore smart card o un certificato di firma digitale;
  • SPID Personale con Video Identificazione: è possibile attivare SPID 24 ore su 24, anche sabato e domenica. È sufficiente una connessione a Internet, lo smartphone o una webcam, un documento di riconoscimento e la tessera sanitaria. Il costo del servizio di video identificazione è di 19,90 € + IVA (solo una volta).

Inoltre, con Namirial è possibile attivare anche lo SPID Professionale, una particolare tipologia (Tipo 3) di Sistema Pubblico di Identità Digitale pensata per permettere a professionisti e aziende di accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione e dei privati che aderiscono al circuito.

Lo SPID Professionale, oltre ai dati dello SPID Personale (Tipo 1), racchiude gli attributi aggiuntivi che caratterizzano la professione del titolare e ha la durata di uno o due anni dall’attivazione, a seconda del numero di anni che si sceglie di acquistare.

Alla scadenza, se l’utente decide di non rinnovarlo, SPID Professionale tornerà a essere uno SPID Personale di Tipo 1. Il prezzo annuale per lo SPID Professionale Namirial è di 35,00 €, mentre per due anni il prezzo è di 70,00 € + IVA.

Questo servizio può essere acquistato sia da chi è già in possesso di uno SPID Personale Namirial, sia da chi non lo è, oppure ha uno SPID rilasciato da un altro Identity Provider: in tutti i casi la procedura di attivazione permette all’utente di attivare il proprio SPID Professionale (Video Identificazione inclusa nel prezzo) o di aggiornare uno SPID Personale attivato in precedenza con Namirial.

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Qual è l’uso secondario dei dati personali?

Qual è l'uso secondario dei dati personali?

Che cosa sono i dati personali e quali informazioni includono?

La protezione dei dati personali è un tema sempre più rilevante, visto il crescente uso delle tecnologie digitali e il continuo scambio di informazioni che avviene attraverso queste. La privacy è un diritto fondamentale che deve essere tutelato e garantito per tutti, ma è importante anche consentire lo sviluppo di tecnologie innovative. Il compito, dei legislatori e dei produttori, è riuscire a trovare un giusto equilibrio capace di tutelare entrambe le esigenze.

Nel contesto della tutela dei dati personali, si parla spesso di “uso primario” e “uso secondario” dei dati.

Con “dato personale“, secondo l’articolo 4 del GDPR, si indica “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile”. Questo può includere nomi, indirizzi email, numeri di telefono, posizioni geografiche o anche elementi caratteristici dell’identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale della persona. Sono considerati dati personali anche informazioni non direttamente legate a una persona, ma che possono essere usate per identificarla indirettamente.

I dati resi anonimi per non essere più ricollegabili a una persona non sono più considerati dati personali. Tuttavia, per poter considerare anonimi i dati, l’anonimizzazione deve essere irreversibile. Al contrario, i dati personali restano tali, e a essi si applica la normativa, anche se sono soggetti a deidentificazione, cifraturapseudonimizzazione, ma possono essere ugualmente usati per reidentificare una persona. 

Oltre ai dati che consentono l’identificazione diretta, come “nome e cognome”, ci sono dati che rientrano in particolari categorie (cosiddetti dati sensibili) e i dati relativi a condanne penali e reati (cosiddetti dati giudiziari). In aggiunta, il Garante per la protezione dei dati personali (GPDP) sottolinea che con l’evoluzione delle nuove tecnologie, altri dati personali hanno assunto un ruolo di rilievo, come quelli relativi alle comunicazioni elettroniche (tramite Internet o telefono) e quelli che consentono la geolocalizzazione, fornendo informazioni sui luoghi frequentati e sugli spostamenti.

Un’ulteriore distinzione è quella operata dall’Edpb (European Data Protection Board) che nell’ambito del trattamento dei dati personali, inclusi quelli sulla salute, individua un “uso primario“, per i dati che vengono raccolti specificamente per scopi scientifici, e un “uso secondario“, che invece riguarda il trattamento dei dati sanitari per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti.

Dati secondari: perché sono un elemento di valore e come utilizzarli?

L‘uso secondario dei dati personali si inserisce nella Strategia europea in materia di dati, il cui obiettivo è la creazione di un mercato unico che consentirà ai dati di circolare liberamente nell’UE e in tutti i settori, a vantaggio di ricercatori, imprese e pubbliche amministrazioni. L’accesso ai dati e la loro capacità di utilizzarli sono essenziali per l’innovazione e la crescita economica, perché consentono lo sviluppo di nuove tecnologie e servizi, aumentando la competitività e la resilienza dell’UE.

L‘analisi dei dati può portare a grandi benefici per la società, offrire soluzioni innovative, identificare opportunità e tendenze che possono condurre alla creazione di nuovi servizi e prodotti tesi a soddisfare le esigenze della popolazione.

Ecco alcuni esempi:

  • Analisi epidemiologiche e prevenzione delle malattie: l’uso dei dati sanitari consente di identificare pattern e correlazioni che possono favorire la prevenzione delle malattie, permettendo alla comunità scientifica di adottare misure preventive e interventi mirati.
  • Miglioramento della mobilità e pianificazione urbana: la raccolta dei dati su spostamenti e abitudini di mobilità della popolazione può essere utile per migliorare il trasporto pubblico e la pianificazione urbanistica, riducendo l’impatto ambientale e favorendo uno sviluppo sostenibile.
  • Ottimizzazione dei cicli di produzione: la raccolta e l’analisi dei dati sul funzionamento di prodotti e servizi possono migliorare i processi produttivi e ottimizzare l’uso delle risorse, riducendo gli sprechi e migliorando l’efficienza. Ad esempio, la tecnologia del Machine Learning può gestire la supply chain e le attività di manutenzione in modo più efficiente.

Affinché l’uso secondario dei dati personali avvenga rispettando i diritti dei cittadini, è indispensabile adottare adeguate misure di sicurezza per garantire la protezione dei dati personali.

Per fare ciò, è essenziale che le organizzazioni adottino politiche e procedure chiare per la gestione dei dati e si attengano a ciò che è stabilito dal GDPR, norma di riferimento a livello europeo. Per quanto concerne, invece, la normativa italiana, sono gli articoli 110 e 110-bis del Codice in materia di protezione dei dati personali a stabilire quando e come può avvenire l’uso secondario dei dati personali.

PNRR e fondi per l’Identità Digitale, a che punto siamo?

PNRR e fondi per l'Identità Digitale, a che punto siamo?

Il PNRR e la grande sfida della digitalizzazione

La pandemia e le conseguenze economiche e sociali che ne sono derivate hanno messo in evidenza l’importanza della digitalizzazione per la ripresa del Paese. Il PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato pensato proprio per rispondere a questa sfida e rimettere in moto l’economia.

Il pacchetto di investimenti e riforme del programma Next Generation EU, prevede risorse da impiegare nel periodo 2021-2026 per costruire un’Europa più verde, digitale e resiliente, in grado di affrontare eventuali crisi future e garantire una crescita sostenibile e inclusiva.

In totale, le risorse stanziate dall’UE per il PNRR sono 194,4 miliardi, a cui vanno aggiunti 30,6 miliardi finanziati dall’Italia con il Piano Nazionale Complementare. Il Piano si articola in 7 Missioni, vale a dire aree tematiche principali su cui intervenire, individuate in piena coerenza con i 6 pilastri del Next Generation EU.

Le 7 Missioni riguardano:

    • Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
    • Rivoluzione verde e transizione ecologica
    • Infrastrutture per una mobilità sostenibile
    • Istruzione e ricerca
    • Inclusione e coesione
    • Salute
    • RePower EU

In questo scenario, la digitalizzazione è uno dei driver fondamentali per la crescita del Paese. I fondi del Piano accelereranno la trasformazione digitale in diversi ambiti, tra cui la Pubblica Amministrazione e l’identità digitale. 

PNRR e PA: la sfida della semplificazione e dell’innovazione digitale

Tra le Missioni indicate dal PNRR, quella dedicata a “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” rappresenta una delle più rilevanti, che punta a creare le basi per una Pubblica Amministrazione più efficiente e all’avanguardia a livello tecnologico.

Nel dettaglio, gli obiettivi che compongono quella che è la prima Missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono promuovere e sostenere la transizione digitale, sia nel settore privato che nella PA, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in turismo e cultura considerati due settori chiave per l’Italia.

Relativamente alla digitalizzazione del settore della Pubblica Amministrazione il Piano prevede il rafforzamento delle infrastrutture digitali della PA, la facilitazione alla migrazione al cloud, la riforma dei processi di acquisto di servizi ICT e un ampliamento dell’offerta di servizi ai cittadini in modalità digitale.

Nel processo di trasformazione in chiave digitale della PA, l’accessibilità dei servizi pubblici gioca un ruolo cruciale per garantire l’efficienza e la semplificazione dei rapporti tra cittadini e istituzioni. In questo contesto, l’identità digitale assume un ruolo sempre più rilevante e strumenti come SPID e CIE, a cui si aggiungono PagoPa e App IO, diventano elementi essenziali di un ecosistema complesso che consente ai cittadini di accedere a un’ampia gamma di servizi digitali in maniera sicura, semplice e conveniente.

Gli investimenti relativi alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione previsti dal PNRR si possono riassumere in sette punti chiave:

  1. Infrastrutture digitali;
  2. Abilitazione e facilitazione migrazione al Cloud;
  3. Dati e interoperabilità;
  4. Servizi digitali e cittadinanza digitale;
  5. Cybersecurity;
  6. Digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali;
  7. Competenze digitali di base.

I prossimi obiettivi del PNRR: l’identità digitale come strumento di semplificazione e inclusione

Il percorso di digitalizzazione delineato dal PNRR prevede un’imponente opera di riforma del settore pubblico, che mira a rendere la pubblica amministrazione più efficiente e moderna, garantendo una maggiore trasparenza e un rapporto più diretto con i cittadini.

Il prossimo passo nella roadmap del Piano prevede che entro la fine del 2025 ben 42,5 milioni di cittadini abbiano un’identità digitale.

Un traguardo che gli esperti ritengono più lontano. Se si guarda ai numeri di SPID e CIE, i due sistemi di autenticazione ai servizi online della PA sono rispettivamente in mano a 36,4 e 39,3 milioni di cittadini. Va però sottolineato che nel corso del 2023 è calato il trend di crescita dei rilasci di SPID. Sono rimasti stabili gli accessi medi con SPID dei singoli utenti. Il Sistema Pubblico d’Identità Digitale è stato usato in media 25 volte l’anno. Mentre la CIE, la carta d’identità elettronica, è stata utilizzata da appena 4 milioni di cittadini.

A ciò si aggiunge anche che a giugno 2024 dovrebbe arrivare la versione pubblica dell’IT wallet, il portafoglio digitale tutto italiano che si affianca al progetto europeo European Digital Identity Wallet e permetterà a ogni cittadino di raccogliere in un unico luogo virtuale tutta la documentazione personale.

Previsioni e tendenze AI per il 2024

Previsioni e tendenze AI per il 2024

Intelligenza Artificiale: evoluzione di una tecnologia rivoluzionaria

L’Artificial Intelligence (AI) ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e sta rivoluzionando il mondo in cui viviamo, aprendo nuove possibilità in vari campi come la medicina, l’automazione industriale e il marketing. 

Grazie alla sua capacità di analizzare in tempi ridotti enormi quantità di dati (Big Data) e prendere decisioni in base a essi, ottimizzando processi che richiederebbero molto più tempo e risorse, l’Intelligenza Artificiale è destinata non solo a essere sempre più presente nella nostra vita e a influenzare come lavoriamo, ma anche a evolversi sempre più.

Secondo i dati di Grand View Research il mercato globale dell’Intelligenza Artificiale è stato valutato 196,63 miliardi di dollari nel 2023. Si prevede un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 37,3% dal 2023 al 2030. La continua ricerca e innovazione dei giganti tecnologici sta spingendo l’adozione di tecnologie avanzate in diversi settori verticali, come l’automotive, la sanità, la vendita al dettaglio, la finanza e la produzione. Ad esempio, nel dicembre 2023, Google ha lanciato “Gemini”, un modello di IA di grandi dimensioni.

Gli esperti di Grand View Research prospettano che l’AI giocherà un ruolo sempre più importante nel futuro della tecnologia anche perché giganti come Amazon, Google e Apple stanno investendo in modo significativo nella ricerca e nello sviluppo dell’Artificial Intelligence e delle piattaforme AI.

Sono già tante, inoltre, le aziende che hanno già adottato l’Intelligenza Artificiale per migliorare l’esperienza ai clienti e la loro presenza nell’industria 4.0.

Se Grand View Research ha analizzato il mercato globale per capire quali saranno gli sviluppi più interessanti per l’Intelligenza Artificiale nel prossimo futuro, SAS, azienda leader nel settore dell’AI e degli analytics, ha chiesto ai suoi executive ed esperti di formulare previsioni sulle tendenze future e sui principali sviluppi dell’AI entro il 2024.

12 previsioni sull’Intelligenza Artificiale per il 2024

Quali sviluppi dell’AI ci aspettano? A questa domanda hanno risposto gli esperti di SAS, con le tendenze 2024 dell’Intelligenza Artificiale.

Ecco quali sono le dodici previsioni sull’AI a cui dovremmo prestare attenzione:

  1. La Generative AI potenzierà (ma non sostituirà) una strategia di AI maggiormente integrata

La tecnologia dell’IA generativa può molto, ma non tutto. Nel 2024, le organizzazioni passeranno dal considerare la Generative AI come una tecnologia a sé stante, all’integrarla nelle strategie di IA  specifiche del proprio settore. Ad esempio, in ambito healthcare si assisterà alla creazione di piani di cura personalizzati.

  1. L’AI creerà nuovi posti di lavoro

Nel 2024 il dibattito si sposterà dalle preoccupazioni per la perdita di posti di lavoro alle opportunità che l’AI creerà. Se è vero che le tecnologie IA possono sconvolgere il mercato, la loro adozione darà vita a nuovi posti di lavoro e nuovi ruoli, che aiuteranno la crescita economica.

  1. L’intelligenza artificiale migliorerà il “marketing responsabile”

Quando si usa l’Intelligenza Artificiale si è responsabili delle conseguenze della sua applicazione. Ecco perché tutti i marketer, a prescindere dalle conoscenze tecniche, possono esaminare le model card, convalidare l’efficacia e l’equità dei loro algoritmi e modificarli se necessario.

  1. Gli istituti finanziari faranno maggiore uso dell’AI contro le frodi

Con la Generative AI e la tecnologia deepfake, i messaggi di phishing dei truffatori online sono più accurati, i siti web fake sembrano più autentici e si può clonare una voce in pochi secondi.

Banche e istituti di credito adotteranno sempre più strumenti IA, incentivate da cambiamenti normativi che costringono ad assumersi maggiori responsabilità sulle frodi.

  1. La ‘shadow AI’ metterà alla prova i CIO

Se in passato i CIO erano alle prese con lo ‘shadow IT’, ora si troveranno ad affrontare la ‘shadow AI’, ovvero soluzioni usate o sviluppate in un’organizzazione senza un’autorizzazione ufficiale o un monitoraggio da parte dell’IT. Alcuni dipendenti continueranno a usare strumenti di IA Generativa per aumentare la produttività, portando i CIO a interrogarsi quotidianamente su quanto implementare questi strumenti e quali barriere alzare per proteggere le organizzazioni dai rischi associati.

  1. Le nuove frontiere dell’AI multimodale e simulativa

L’integrazione di testo, immagini e audio in un unico modello è la prossima frontiera della Generative AI. Conosciuta come AI multimodale, è in grado di elaborare simultaneamente una vasta gamma di input. Un esempio è la generazione di oggetti, ambienti e dati spaziali in 3D. Questo avrà applicazioni nella realtà aumentata, nella realtà virtuale e anche nella simulazione di sistemi fisici complessi come i digital twin.

  1. L’adozione dei digital twin è in aumento

Nel 2024, l’adozione di Intelligenza Artificiale e IoT analytics subirà un’accelerazione grazie a un uso più ampio dei digital twin, che analizzano i dati operativi e dei sensori in tempo reale creando duplicati di sistemi complessi come fabbriche, smart city e reti energetiche. Con i digital twin, le organizzazioni ottimizzano le operazioni, migliorano la qualità dei prodotti, la sicurezza e l’affidabilità, riducono le emissioni.

  1. Le assicurazioni affronteranno il cambiamento climatico con l’aiuto dell’AI

Le assicurazioni adotteranno l’IA per sfruttare il potenziale dei loro immensi archivi di dati, per migliorare la valutazione del rischio e offrire ai clienti tariffe dinamiche. L’Intelligenza Artificiale aiuterà ad automatizzare e migliorare l’elaborazione dei sinistri, il rilevamento delle frodi, il servizio clienti.

  1. L’AI nella pubblica amministrazione

L’impatto dell’AI comincerà a diventare evidente anche nella pubblica amministrazione. Le istituzioni pubbliche, come le imprese, si rivolgeranno sempre più all’AI e agli analytics per aumentare la produttività, automatizzare i task basilari e compensare la carenza di talenti.

  1. La Generative AI rafforzerà l’assistenza medica

Per migliorare la salute e l’esperienza dei pazienti, le organizzazioni si concentreranno sullo sviluppo di strumenti generativi basati sull’AI per la medicina personalizzata, come la creazione di avatar specifici per i pazienti, da utilizzare negli studi clinici, e la generazione di piani di trattamento personalizzati. Nel 2024 assisteremo inoltre all’emergere di sistemi generativi basati sull’AI per il supporto alle decisioni cliniche, in grado di fornire indicazioni in tempo reale a fornitori e società farmaceutiche.

  1. L’impiego deliberato dell’AI farà la fortuna o la rovina degli assicuratori

Nel 2024, uno dei 100 principali assicuratori globali potrebbe fallire a causa di un’implementazione troppo rapida della Generative AI. In questo momento, le assicurazioni stanno introducendo sistemi autonomi a ritmo sostenuto, senza adattarli ai loro modelli di business, nella speranza che l’IA aiuti a liquidare rapidamente i sinistri, compensando gli ultimi anni di scarsi risultati.

Tuttavia, il personale che si occupa della supervisione necessaria non è sufficiente, a causa dei licenziamenti dello scorso anno. L’Intelligenza Artificiale usata così potrebbe portare a decisioni sbagliate e al collasso aziendale, con un impatto negativo sulla fiducia dei consumatori e delle autorità di vigilanza.

  1. La sanità pubblica riceverà una spinta verso l’Intelligenza Artificiale grazie al mondo accademico

La sanità pubblica si sta modernizzando tecnologicamente a un ritmo che non ha precedenti. L’uso dei dati per anticipare gli interventi è sempre più essenziale e può fare una grande differenza nell’efficacia delle risposte alle emergenze. Nel 2024 si assisterà a un aumento dei ricercatori accademici che eseguono modelli e previsioni basati sull’IA. 

La collaborazione tra sanità e mondo accademico diventerà sempre più importante per sviluppare tecniche innovative e prendere decisioni informate in ambito sanitario. Dopo il COVID-19 è chiaro che la tutela dei cittadini richiederà tecnologie e collaborazioni eccezionali per far fronte alle crisi sanitarie future e garantire la sicurezza a lungo termine. 

Come gestire le password aziendali in sicurezza

Come gestire le password aziendali in sicurezza

Cyber security e password aziendali: una combinazione cruciale

Le password sono il primo strumento di sicurezza per proteggere gli account personali e i sistemi informatici aziendali da intrusioni indesiderate. Tuttavia, spesso non si considera l’importanza di gestire correttamente queste combinazioni di numeri e lettere per la propria sicurezza informatica.

Eppure, le minacce cibernetiche aumentano in maniera costante. Come evidenziato dal Rapporto Clusit 2023, in Italia nel primo semestre del 2023 è stata registrata una crescita degli incidenti del 40%, quasi 4 volte superiore al dato globale.

Nel periodo dal 2018 al primo semestre 2023, gli incidenti sono aumentati del 61,5% a livello globale. In Italia la crescita è stata del 300%.

Nell’arco dei cinque anni sono stati 505 gli attacchi noti di particolare gravità che hanno coinvolto realtà italiane, di cui 132 (il 26%) si sono verificati nel primo semestre del 2023. In questo periodo, nel nostro Paese è andato a segno il 9,6% degli attacchi mondiali, mentre il picco massimo – del semestre e di sempre – è stato registrato ad aprile, con un totale di 262 attacchi.

Tra le tecniche di attacco più utilizzate, il malware continua a essere la principale minaccia per le aziende (con il ransomware). Aumentano anche i DDos (dal 4% del 2022 al 30% del primo semestre 2023) e gli attacchi di tipo phishing e ingegneria sociale, che nel nostro Paese incidono più che nel resto del mondo (14%, contro l’8,6% globale).

In un contesto così critico e delicato, è fondamentale che le aziende adottino adeguate politiche di cyber security per evitare danni, economici e reputazionali, a causa di vulnerabilità del sistema informatico. Fra le pratiche di sicurezza informatica, la gestione corretta delle password aziendali ha un ruolo di primaria importanza.

Anche il GDPR, faro europeo della normativa in materia di privacy e protezione dei dati personali, sottolinea l’importanza di un approccio responsabile e coerente di strumenti come le password. Gestiti con superficialità e imprudenza, questi possono rappresentare una vera bomba a orologeria per le aziende, ma anche per i loro utenti.

Come creare password sicure

La password è il primo baluardo di protezione dei sistemi informatici aziendali. Per questo motivo è importante che essa sia robusta e difficile da individuare, così da evitare l’accesso non autorizzato ai nostri dispositivi e sistemi informatici.

Certo, la combinazione username e password è semplice da ricordare, ma purtroppo non garantisce una sicurezza adeguata. Spesso, infatti, tendiamo a creare password facili da ricordare, che però risultano anche più facili da violare da parte di hacker esperti che usano sofisticate tecniche di cracking.

Il Garante Privacy ha pubblicato una guida pratica con le regole essenziali per una corretta impostazione e gestione delle password:

  • la password deve essere lunga almeno 8 caratteri. Più aumenta il numero dei caratteri, più la password diventa “robusta” (si suggerisce una lunghezza intorno ai 15 caratteri);
  • la password deve contenere almeno 4 tipi diversi di caratteri: lettere maiuscole, lettere minuscole, numeri, caratteri speciali (come @, &, /, punti, trattini, underscore);
  • la password non deve contenere riferimenti personali facili da indovinare (ad esempio: nome, cognome o data di nascita) o riferimenti al nome utente (detto anche user account, alias, user id, user name);
  • evitare parole “da dizionario”, cioè parole di uso comune. Preferire parole di fantasia o “camuffate” con caratteri speciali (ad esempio: caffè può diventare caf-f3). Il Garante ricorda che esistono software che indovinano le password provando tutte le parole d’uso comune nelle varie lingue;
  • cambiare la password periodicamente: questo è un aspetto a cui prestare particolare attenzione, soprattutto in relazione ai nostri account più importanti e usati con maggior frequenza;
  • usare password diverse per account diversi: in caso di violazione di un account, ciò evita il rischio che con la stessa password vengano violati anche altri nostri account;
  • non riutilizzare password già usate in passato;
  • le password temporanee rilasciate da un sistema o da un servizio informatico vanno sempre immediatamente cambiate con password personali.

Per accrescere la sicurezza, il Garante Privacy suggerisce l’uso di meccanismi di autenticazione multi fattore, che rafforzano la protezione offerta dalla password. Inoltre, invita a usare “gestori di password“, ovvero programmi che non solo generano password sicure, ma consentono anche di avere tutte le password salvate in formato digitale in un database cifrato sicuro.

Namirial SafeAccess per un’autenticazione sicura

In tema di autenticazione sicura multifattore, per le aziende una delle principali soluzioni disponibili sul mercato e Namirial SafeAccess, piattaforma di autenticazione passwordless, che garantisce l’accesso sicuro a postazioni e applicativi aziendali, basandosi su standard FIDO2 e sulla PKI (Public Key Infrastructure).

Namirial SafeAccess consente di impostare per ciascun utente un’autenticazione multi-fattore su misura, in base alle proprie specifiche esigenze ed è conforme al GDPR, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali.

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Quanto consuma l’intelligenza artificiale?

Quanto ci costa l'Intelligenza Artificiale in termini di energia?

Impatto energetico dell’Intelligenza Artificiale

L’Intelligenza Artificiale è oggi uno dei principali vettori di innovazione tecnologica e sta rivoluzionando settori come la sanità, il trasporto e la finanza. Sebbene le sue origini si possano far risalire al 1950 con il test di Turing, è soltanto negli ultimi anni che si è avuta una vera e propria esplosione di prodotti di IA generativa (come ChatGPT o Midjourney) circostanza che ha reso questa tecnologia popolare e di uso comune. 

Oltre agli indubbi vantaggi che produce, la crescita delle capacità dell’Intelligenza Artificiale e delle applicazioni basate su di essa ha aperto un dibattito sui possibili inconvenienti di questa tecnologia, come l’impatto energetico dell’IA.

Ogni interazione online, infatti, si basa su dati archiviati in data center che per funzionare usano energia. Secondo i dati dell’International Energy Agency, attualmente i data center consumano tra l’1 e l’1,5% dell’elettricità globale.

Il boom dell’Intelligenza Artificiale potrebbe far salire questa percentuale perché i cosiddetti Large Language Models (i modelli linguistici su cui si basano le soluzioni di intelligenza artificiale) vengono addestrati con dataset di testo sempre più grandi e ciò richiede l’uso di server sempre più potenti. Considerando i vantaggi che l’Intelligenza Artificiale produce in ogni ambito in cui viene introdotta, la sfida odierna è saper conciliare lo sviluppo dell’IA con la sostenibilità ambientale.

Le ipotesi di consumo di un ricercatore olandese

Alex de Vries, fondatore del blog sulla sostenibilità digitale Digiconomist e dottorando presso la School of Business and Economics della Vrije Universiteit di Amsterdam, dove studia i costi energetici delle tecnologie emergenti, nel suo studio The growing energy footprint of artificial intelligence” pubblicato lo scorso ottobre su Joule, ha ipotizzato che se Google usasse l’intelligenza artificiale per fornire i risultati di tutte le ricerche effettuate dagli utenti in un anno (circa 9 miliardi), si consumerebbe una quantità di elettricità equivalente all’incirca a quella usata per alimentare un Paese come l’Irlanda (29,3 terawattora l’anno).

Lo studio di de Vries si basa sul fatto che alcuni parametri rimangano invariati, ad esempio il tasso di crescita dell’IA, la disponibilità di chip per l’IA e il lavoro a pieno ritmo dei server. Il ricercatore ha provato a spiegare i risultati della sua ricerca attraverso una semplice metafora: Si potrebbe dire che una singola interazione LLM può consumare tanta energia quanto lasciare accesa una lampadina LED a bassa luminosità per un’ora“.

De Vries, inoltre, sottolinea come Hugging Face, un’azienda statunitense che si occupa di IA, abbia dichiarato che la sua IA per la generazione di testi multilingue ha utilizzato circa 433 megawattora (MWh) durante l’addestramento, sufficienti per alimentare 40 abitazioni medie negli Stati Uniti per un anno. E aggiunge che, considerando la crescente domanda di servizi di IA, è molto probabile che il consumo energetico legato all’Intelligenza Artificiale aumenterà in modo significativo negli anni a venire in tutto il mondo.

Inoltre, il ricercatore evidenzia che se le tendenze attuali dovessero continuare, entro il 2027 il consumo mondiale di elettricità legata all’intelligenza artificiale potrebbe aumentare da 85 a 134 TWh l’anno, paragonabile al fabbisogno annuale di Stati come Paesi Bassi, Argentina e Svezia.

Basandosi su previsioni, i dati della ricerca potrebbero anche non trovare conferma, tuttavia è opportuno che sin da ora l’industria tech lavori per ridurre il consumo energetico dell’intelligenza artificiale, rendendola più sostenibile.

L’IA ibrida può ridurre i costi dell’Intelligenza Artificiale

L’IA ibrida, che combina l’apprendimento automatico (machine learning) e i sistemi di apprendimento profondo (deep learning) con l’intervento dell’uomo, può ridurre i costi associati all’implementazione e all’esecuzione di sistemi di IA, contribuendo a contenere anche l’impatto energetico.

Ecco alcuni modi in cui ciò può essere realizzato:

  • Ottimizzazione delle risorse: l’IA ibrida consente di usare risorse eterogenee in modo più efficiente, distribuendo carichi di lavoro meno intensivi su dispositivi edge o su hardware meno potenti, risparmiando così sui costi di elaborazione e infrastruttura.
  • Scalabilità: con un approccio ibrido è possibile scalare l’infrastruttura in base alle esigenze. Ad esempio, durante i picchi di carico è possibile allocare più risorse cloud e rilasciarle quando la domanda diminuisce, consentendo una gestione dei costi più dinamica.
  • Uso di modelli più leggeri: modelli di IA più leggeri e ottimizzati riducono la potenza computazionale richiesta e, di conseguenza, i costi associati. Ciò è particolarmente importante nei casi in cui i modelli più semplici soddisfino comunque le esigenze dell’applicazione.
  • Elaborazione edge: trasferendo parte del processo decisionale su dispositivi edge si riduce la necessità di trasferire grandi quantità di dati attraverso le reti, risparmiando sui costi di trasmissione dei dati e sfruttando la capacità di calcolo locale.
  • Adattabilità alle risorse disponibili: l’IA ibrida consente di adattare le risorse di calcolo in base alle caratteristiche specifiche del carico di lavoro. In situazioni in cui è possibile utilizzare risorse locali meno costose anziché ricorrere a servizi cloud onerosi, è possibile risparmiare sui costi di infrastruttura.
  • Uso di servizi gestiti: l’adozione di servizi di cloud computing gestiti per l’implementazione di soluzioni di IA riduce i costi operativi e semplifica la gestione dell’infrastruttura. Questi servizi spesso offrono funzionalità di scalabilità automatica e gestione delle risorse.
  • Ottimizzazione del ciclo di vita del modello: monitorare e ottimizzare i modelli di IA nel tempo può contribuire a mantenere le prestazioni desiderate con costi inferiori. Questo può includere la riaddestramento periodico, la compressione dei modelli e l’ottimizzazione dei parametri.

Integrando questi principi, è possibile realizzare una strategia di Intelligenza Artificiale ibrida che non solo soddisfi le esigenze dell’applicazione, ma che lo faccia in modo efficiente dal punto di vista dei costi e della sostenibilità energetica.

SPID 2024: cosa aspettarsi da quest’anno

SPID 2024: cosa aspettarsi da quest'anno

Cittadinanza digitale nel 2024 tra SPID e IT Wallet

Anche grazie all’inattesa spinta alla digitalizzazione dei servizi determinata dalla pandemia, oggi lidentità digitale è un elemento irrinunciabile della cittadinanza digitale, ossia l’insieme di diritti e doveri che disciplinano il rapporto online tra cittadini e PA. Le identità digitali sono importanti anche per il PNRR, che punta ad avere entro la fine del 2025 almeno 42,5 milioni di cittadini con una digital identity attiva. Alla luce di ciò, cosa possiamo aspettarci per lo SPID nel 2024?

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Digital Identity del Polimi e diffusi durante il convegno annuale svolto lo scorso 24 novembre – sono ben 36,4 milioni i cittadini che hanno SPID e 39,3 milioni quelli in possesso della CIE (Carta d’Identità Elettronica).

Mentre gli accessi con CIE sono stati circa 4 milioni, nel 2022 sono stati più di un miliardo gli accessi online con SPID, con una media di 25 accessi l’anno per utente. Nel solo mes edi dicembre 2023 SPID è stato usato 80,7 milioni di volte per accedere a servizi online.

Da settembre 2019 l’identità digitale SPID può essere usata per accedere ai servizi online delle PA di tutti i paesi membri UE, tramite i singoli nodi nazionali. Quindi SPID permette di gestire l’identità digitale su tutti e tre i livelli di sicurezza e in tutta l’UE. La CIE, invece, è valida solo a livello nazionale per i livelli 1 e 2, mentre per l’accesso transfrontaliero è necessario autenticarsi al livello 3 e usare la carta fisica. Inoltre, menre esiste uno SPID professionale, non c’è una soluzione equivalente per la Carta d’Identità Elettronica.

Oltre a CIE, un altro sistema di autenticazione che potrebbe arrivare già nella prima metà del 2024 e coesistere con SPID è il cosiddetto IT Wallet, cioè il portafoglio digitale che conterrà i documenti personali associati alla propria identità (come patente o tessera sanitaria) e consentirà di eseguire, tramite smartphone e App IO, operazioni online verso la PA. Si potrà accedere all’IT Wallet tramite SPID o CIE.

Il progetto che punta a trasformare l’App IO in un wallet digitale è tutto italiano e si affianca al percorso europeo dell’European Digital Identity Wallet (EUDI) su cui Parlamento europeo e Consiglio UE hanno raggiunto un accordo nelle scorse settimane.

 

SPID Namirial per cittadini e professionisti

Con Namirial ottenere SPID è facile e basta pochissimo tempo: per ottenere le proprie credenziali bastano un Pc o uno smartphone e una connessione internet.

Lo SPID di Namirial si chiama Namirial ID, un set di credenziali -username, password ed eventuale OTP– che consentono di usare la propria identità digitale per accedere ai servizi online delle PA e dei privati che aderiscono al sistema e implementano sui propri siti web la funzione “Entra con SPID”.

 

SPID Namirial ID Personale

Lo SPID Personale di Namirial può essere attivato in due modi diversi:

  • SPID Personale con Video Identificazione: attivabile sempre, 24/7. Basta avere una connessione internet, lo smartphone o una webcam, un documento di riconoscimento e la tessera sanitaria. Il costo della video-identificazione è di 19,90 euro + IVA (solo una volta).

Ogni volta che su un sito o un’app si visualizza il pulsante Entra con SPID” basterà effettuare il login con Namirial SPID per accedere al relativo servizio online.

 

SPID Namirial ID Professionale

Inoltre, con Namirial è possibile attivare anche lo SPID Professionale (Tipo 3) pensato per professionisti e aziende.

Oltre ai dati dello SPID Personale (Tipo 1), lo SPID Professionale racchiude attributi aggiuntivi che caratterizzano la professione della persona. Si può scegliere di attivare lo SPID Professionale per uno o due anni. Il prezzo annuale per lo SPID Professionale Namirial è di 35 euro + IVA, mentre per due anni è di 70 euro + IVA. Alla scadenza, se l’utente decide di non rinnovarlo, lo SPID Professionale tornerà a essere uno SPID Personale di Tipo 1. 

Questo servizio può essere acquistato sia da chi ha già uno SPID Personale con Namirial o con un altro Identity Provider sia da chi è sprovvisto di SPID e lo attiva per la prima volta. In tutti i casi la video identificazione è inclusa nel prezzo.

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